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31 ottobre 2008 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi
… ma non metterla da parte.
Platone, il quale scriveva che “la potenza del bene si è rifugiata nella natura del bello”, esclude i poeti dal suo Stato ideale e dalla formazione spirituale del cittadino di questo utopico Stato. Platone, come Sarte, ammette, al più, una letteratura impegnata, ovvero quell’arte che chiama alla virtù, che forgia ai valori civili e sociali, quella che Max Frisch però critica perchè taluni “intellettuali” anche recenti si sono impegnati a crearla in modo direttamente politico convinti forse che l’arte, in una società capitalistica e pragmatica, necessitasse di una legittimazione, dal Potere. Questa tesi platonica è illiberale perché significherebbe un potere statale che non tollera espressioni difformi dal modello di valori e fa violenza all’individuo e al suo diritto alla diversità. L’arte in genere non ha bisogno di legittimazione politica, né giudica né da voti di condotta alla vita (al di là o al di qua del bene e del male); se rappresenta un fiore, sa che il fiore non ha un suo perché e fiorisce perché fiorisce. Ma identificarsi con la vita implica identificarsi con tutti i suoi aspetti e, per quel che riguarda gli uomini, non solo con i loro amori e i loro sogni, ma anche col male che infliggono agli altri, le ingiustizie che commettono. Se l’arte è bellezza, questa non sempre è la raffigurazione del bene e del vero, come invece vorrebbe Platone. L’arte, al più, produce l’utopia che l’essere umano potrebbe essere diverso: migliore! Infatti essa ha avuto più significati in culture ed epoche diverse: è servita a scopi rituali e d’intrattenimento. “Le prime manifestazioni dell’uomo dovettero essere la danza e il linguaggio poetico. Con questi due strumenti l’uomo esprime i suoi timori, le sue speranze, compie le sue invocazioni, tenta di comunicare”, afferma Jorge Luis Borges. Papa Giovanni Paolo II (Lettera agli Artisti) scriveva che la società ha bisogno di quest’ultimi come di scienziati, tecnici, professionisti, genitori, che garantiscano la crescita della persona. Il fattore culturale (come l’economia, la politica e il diritto) è uno dei pilastri della società moderna. La cultura, i beni e servizi ad essa connessi sono una reale risorsa economica e riconosciuta dalle teorie economiche evolute, dagli anni Settanta, in tre direzioni: 1) lo status di bene culturale è riconosciuto a tutto ciò che è testimonianza di una civiltà e non solo a “cose di interesse artistico” o “ naturale”. Un tale bene deve: contenere un contributo di creatività, comunicare un significato simbolico e identitario, implicare una qualche forma di proprietà intellettuale; 2) l’intervento pubblico è essenziale, non delegabile al solo settore privato; 3) accanto al capitale umano, a quello fisico, sociale, naturale, vi è un capitale culturale: il valore culturale può generare valore economico. Le risorse culturali hanno assunto un ruolo strategico nel quadro delle politiche per una sviluppo economico sostenibile. Cultura, può significare:1) la formazione dell’uomo, il suo migliorarsi e raffinarsi; 2) il risultato di questa formazione, cioè l’insieme dei modi di vivere e pensare coltivati, educati: dicesi “Civiltà”. Il passaggio dal primo al secondo significato è avvenuto nel XVIII secolo con l‘Illuminismo. Kant:” La produzione, in un essere ragionevole, della capacità di scegliere i propri fini in generale (e quindi di essere libero) è la cultura”. Per ciò la cultura soltanto può essere l’ultimo fine che la natura ha ragione di porre al genere umano. Anche per Hegel, la cultura, o la sua assenza, è, per un popolo, prodotto o fonte della sua rovina. Temo, in inciso, che l’assenza di cultura in taluni personaggi politici di oggi, e loro sostenitori, ci porti verso la seconda. “L’arte non insegna nulla, a parte il significato della vita” (Henry Miller). La maggior parte della gente non afferra mai la seconda parte della frase. Si può definire l’arte? Essa è un intreccio di forme espressive (pittura, scultura, letteratura, teatro,…) che si influenzano l’un l’altra, trasmettendo forza all’individuo che riscopre i poteri della creatività, dell’immaginazione, della bellezza. Promuovere la cultura significa trasmettere alle generazioni future il piacere di lasciarsi stupire dai tanti mondi “paralleli” propostici dagli artisti. Di stupore e d’entusiasmo abbiamo bisogno per affrontare e superare le sfide cruciali del mondo reale e del nostro non meno importante mondo interiore. “Si usano specchi di vetro per vedere il proprio volto, e opere d’arte per vedere la propria anima” (George Bernard Shaw).
Il problema della cultura è, oggi, quello di conciliare le esigenze della specializzazione con quelle della cosiddetta “Cultura generale” che è cultura “aperta”, “umanistica”. L’uomo colto è innanzitutto di spirito aperto e libero; sa comprendere idee e credenze altrui anche quando non può o vuole accettarle o riconoscerne la validità. Quando una sensibilità riflessiva e ricettiva s’impegna nell’arte, ne riceve nutrimento e apprende da essa molte cose, non ultimo a saper compiere distinzioni. “La sensibilità artistica è la capacità di rendere visibile l’invisibile inglobando il marginale, il perverso, l’escluso” (Carlos Fuentes). Dipoi, l’uomo colto è quello che non si sgomenta di fronte al nuovo né lo rifugge, ma sa considerarlo al suo giusto valore. L’Arte è una delle tante vie che portano alla Conoscenza. La musica ad esempio, come la matematica o la religione, ha qualcosa a che fare col tentativo di comprendere l’Infinito, l’Immortalità. Pensando ai numeri infiniti e alle innumerevoli possibilità date dai suoni, dalle note, c’è da chiedersi quanto impieghi l’ultima nota di un brano musicale a spegnersi del tutto. Non solo fisicamente, come vibrazione sonora, ma come vibrazione emotiva.
E nei giorni del ricordo dei nostri cari defunti (la cultura politica sarà moribonda ma non ancora morta), mi permetto concludere coi seguenti interrogativi aperti: chi può dire quando le vibrazioni emotive dei nostri cari si spengono in noi? Cos’è immortale?