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13 dicembre 2007 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi
Antefatti: 26 marzo 1997, 10 anni fa, la Svizzera ratificava la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo. Il nostro Paese non ha dovuto attendere questa convenzione per riconoscere tali diritti, invece ancora troppo spesso disattesi in molti angoli del globo. Ciò non deve però distoglierci da una riflessione sui diritti dei nostri figli. Un approccio a-critico del tema potrebbe indurci a dimenticare il principio secondo cui tutti dobbiamo operare per rendere migliore l’infanzia e che tutto è perfettibile. Sebbene in misura meno grave che altrove, anche in questo Paese “sicuro”, le future generazioni di giovani e adulti sono confrontate a rischi potenziali e talvolta concreti. Tra questi non vi sono solo quelli legati ad es. a pedopornografia, rapimenti, abusi, bensì pure quelli inerenti alla violenza domestica (fisica e/o psicologica). Altri rischi ancora s’affacciano a causa di mutamenti socio-economici: qualità dell’educazione, difficoltà occupazionali, allentamento dei legami affettivi “tradizionali” e famigliari, e via discorrendo. A Vacallo, allieve e allievi di IV e V elementare e I media sono stati coinvolti in una tavola rotonda da cui è emerso che i bambini hanno le idee chiare sui loro diritti e sanno quello che vogliono, ovvero ne è uscita una lista che pone ai primi posti il diritto alla famiglia (e all’Amore che ne dev’essere il perno), ad un alloggio e a una crescita in buone condizioni (salute, educazione, sicurezza, diritti della personalità e alla sfera privata, assenza di discriminazioni).
Qualche riflessione:1) la famiglia, quella cosiddetta “tradizionale” o “nucleare” (coppia eterosessuale sposata, 2 figli, casetta, per intenderci), innanzitutto non ha nulla o quasi di veramente tradizionale. Essa è un prodotto recente, dell’era industriale (XIX Secolo), mentre nelle società precedenti e, ancora oggi, in quelle non occidentali, le famiglie sono gruppi più ampi e diffusi, che abbracciano più di 2 generazioni e nelle quali la cura dei bambini è spesso affidata anche ai parenti prossimi. In questi gruppi più ampi, la dinamica delle relazioni interpersonali funziona in modo molto diverso da quella della famiglia “nucleare” contemporanea e occidentale, spesso introversa e sottoposta a pressioni interne che ne spiegano il drammatico insuccesso (ca. il 40% delle famiglie con figli si scompongono per divorzio ed altre sopravvivono talvolta a forza di laceranti compromessi). Oggi quelle famiglie “tradizionali” che possono permetterselo ricorrono ad “aiuti” esterni (aiuto domestico, baby sitter, asili nido, doposcuola), sostituendo la struttura più ampia e naturale, nel frattempo perduta, alla base della comunità domestica umana (famiglia allargata). La famiglia tradizionale è lungi dall’essere l’unico o il miglior modo di veder prosperare relazioni di condivisione d’incombenze e momenti piacevoli, di conforto e godimento d’intimità, di espressione d’amore e cura delle generazioni future. I “valori della famiglia” non stanno – al di là della morale preconfezionata – solo nella famiglia tradizionale, essi possono e devono essere trasmessi ai bambini nella loro ampiezza e varietà (anche da genitori single, parenti, istituzioni) rimanendo fondamentale il diritto all’amore di cui i bimbi non devono essere privati.
2) L’educazione, autenticamente “liberale” e che rende possibile la società civile, deve innanzitutto originarsi dalla premessa imprescindibile di conferire a tutti i bambini di partire da giuste e pari opportunità. Con l’espressione “educazione liberale” s’intende quella che comprende la letteratura, la storia e l’apprezzamento delle arti, e che dia a queste materie lo stesso peso che dà a quelle scientifiche e pratiche. Essa ha un’importanza ben maggiore e ambiziosa di quella derivante dal suo contributo al successo economico (spesso unica utilità attribuitale dal mondo politico), finalizzata a specifici obiettivi occupazionali (certo importanti ma non sufficienti e esaustivi). La chiave del problema sta nel distinguere Educazione e Addestramento. Il secondo mira al lavoro. La prima è qualcosa in più poiché finalizzata ad imparare a pensare e gestire le informazioni con cui affrontare anche, da adulti, dilemmi politici, sociali e morali della società con maggior autonomia, intelligenza, impegno civile e culturale. La prospettiva contemporanea distorce lo scopo dell’istruzione mirando allo sviluppo dei bambini non come fini ma come strumenti del processo economico.
3) Tempo libero: il decalogo dei bambini di Vacallo indica, tra le buone condizioni di crescita, i diritti allo svago, allo sport, al gioco e al riposo. Aristotele presentava il tempo libero come l’opportunità di godere ciò che fa fiorire la nostra personalità: dedicarsi alle arti, coltivare amicizie, riflettere,… Il lavoro garantisce le necessità della vita, il tempo libero ne coltiva le amenità. Qui Famiglia e Educazione devono trovare un giusto equilibrio. I bambini hanno certo diritto a vedersi occupata una parte del loro tempo libero con attività sportive, artistico-musicali, ma hanno altresì diritto a riposarsi, svagarsi liberamente e oziare (che spesso è spazio per immaginazione, creatività, fantasia). Invece si riscontrano spesso bimbi con agende stracolme d’impegni che non fanno invidia ad un adulto. Ciò non è quasi mai per loro esplicita scelta ma è dovuto o al disimpegno di certi genitori (mascherato da: “è per il suo bene”) o alla volontà di quest’ultimi di vederli “addestrati” per un maggior successo economico futuro più che per una vera educazione “liberale”.
Conclusione: cosa possiamo regalare quindi ai nostri figli? Ammesso che il valore di un regalo non si misura in base al prezzo e non concesso che si possano compensare nostre mancanze con regali costosi, il miglior regalo che forse possiamo fare loro è una nostra profonda e autocritica riflessione sulle reali necessità (amore, educazione, libertà,…) di chi deve ricevere il dono e sui nostri onesti sentimenti come donanti. Solo se conosciamo bene (quindi se siamo capaci di ascoltarli) o amiamo molto (o entrambe le cose) i nostri figli allora sappiamo davvero se quello che riceveranno in dono è quello di cui avevano veramente, intimamente bisogno. Tra i “valori della famiglia” vi è anche quello del giusto “valore di un dono”. Questo è un compito che spetta non solo ai genitori, ma anche alle Istituzioni, alla società civile. Tutti siamo chiamati a sostenere le diverse forme di famiglia, perfezionare l’idea originaria di educazione “liberale” e concedere tempo ai bambini per crescere.