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Gruppo europeo di cooperazione territoriale
- Nel 2006 fui nel gruppo di lavoro che elaborò il programma di legislatura 2007/2011 del PLR. Al capitolo “Il Ticino dell’Apertura” si proponeva, da un lato una “Casa Ticino” a Berna (realizzatasi, alcuni anni dopo, con la designazione del Delegato cantonale per i rapporti confederali, Jörg De Bernardi) e dell’altro lo sviluppo di una propria politica transfrontaliera moderna, facendo capo alla Regio Insubrica o creando antenne di promozione economica del Cantone Ticino in zone italiane confinanti e in territori esteri selezionati. Nella campagna elettorale per le federali 2009, il PPD si era fatto mediaticamente promotore dell’idea di creare, da un lato, un “Dicastero Affari Esterni” e, dall’altro, una “cellula” ticinese a Berna. In un mio articolo sul Corriere del Ticino del 22 settembre 2009 mi permisi di evidenziare la paternità PLR di tali proposte concrete. Pochi mesi dopo, il 14 dicembre 2009, i Verdi presentarono la mozione “Bilaterali: creazione di un ufficio cantonale per i rapporti con l’Italia”. In realtà anche qui niente di nuovo sotto il sole per rapporto a quanto proposto dal PLR nel 2007 e poi ripreso dal Governo nelle Linee direttive e Piano finanziario per le Legislature 2008/2011 (scheda 13) e 2012/2015 (scheda 62) laddove si indicava l’intenzione di introdurre la figura del Delegato per i rapporti transfrontalieri, nella persona di Francesco Quattrini (nominato purtroppo solo nel luglio 2014 e in funzione dal settembre 2014). Il nuovo Delegato, in breve, deve occuparsi di tutto quanto riguarda questioni transfrontaliere con l’Italia e le Regioni confinanti (Lombardia e Piemonte, in primis).
- La mozione dei Verdi, con cui peraltro si riconosceva l’importanza strategica dei rapporti con l’Italia, è stata evasa dal Gran Consiglio nella sua seduta del 24 febbraio 2015 laddove a maggioranza è stato accolto il rapporto n. 6469R parz. della Commissione della gestione e delle finanze (relatore: Nicola Brivio, PLR). In tale rapporto (da cui si traggono vari spunti) si è sostanzialmente evidenziato che vi sono ormai da tempo le basi legali (art. 55 e 56 della Costituzione federale e art. 49, 50 della Costituzione cantonale, Convenzione di Madrid e relativi aggiornamenti e protocolli in materia di cooperazione transfrontaliera sottoscritti pure dalla Svizzera) che avrebbero consentito al Canton Ticino (il cui governo invero avrebbe dovuto, per mandato costituzionale, “agevolare e promuovere”) di svolgere la cosiddetta “piccola politica estera”, segnatamente in settori quali: la protezione dell’ambiente, navigazione, pesca, sfruttamento della forza idrica; i trasporti ferroviari e stradali; lo sviluppo urbano e rurale; la protezione della popolazione.
- La Convenzione-quadro europea del 21.5.1980 sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Convenzione di Madrid) promuove la conclusione di accordi tra regioni e comuni da una parte e dall’altra di una frontiera e offre un quadro giuridico adeguato per la cooperazione a livello infrastatale. Essa propone modelli e schemi di intese e accordi corrispondenti a vari gradi e formule di cooperazione transfrontaliera, che può spaziare da un reciproco scambio d’informazioni senza impegno a direttive ben definite e vincolanti. Le parti si adoperano per eliminare tutti gli ostacoli che potrebbero frenarla. Il Protocollo III alla Convenzione di Madrid (16.11.2009) stabilisce le regole per la creazione di «Gruppi europei di cooperazione transfrontaliera» (GECT) dotati di personalità giuridica secondo il diritto dello Stato sede del GECT.
3.1. Cos’è un GECT?
La creazione di un “Gruppo europeo di cooperazione territoriale” è possibile dal 2007 grazie al “Regolamento (CE) N. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale”. Viste le notevoli difficoltà incontrate dagli Stati per la realizzazione e la gestione della cooperazione territoriale (legislazioni e procedure nazionali differenti, livelli di competenze decisionali diversificati tra entità regionali e locali), ci si è voluti dotare di uno strumento più adatto allo scopo.
Scopo che è quello di agevolare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra i suoi membri. Il gruppo è composto da Stati membri, collettività regionali, collettività locali o organismi di diritto pubblico a titolo facoltativo.
Le competenze del GECT sono stabilite tramite una convenzione di cooperazione elaborata e approvata dai suoi membri. I membri decidono se costituire il GECT come entità giuridica separata o se affidare i compiti ad uno di loro. I poteri di forza pubblica, i poteri di polizia e di regolamentazione sono esclusi dalla convenzione.
Nei limiti delle sue attribuzioni, il GECT agisce in nome e per conto dei suoi membri. Esso possiede a tal fine la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali.
Il GECT può essere incaricato di attuare programmi cofinanziati dalla Comunità (progetti Interreg ma non solo), ovvero azioni di cooperazione transfrontaliera con o senza intervento finanziario comunitario, quindi potenzialmente anche con fondi UE (ciò che potrebbe essere interessante anche per il Ticino). Esso può diventare il “segretariato” di tutti i progetti transfrontalieri, permettendo una coordinazione più stretta di questi, e idealmente pure l’inserimento in una lettura condivisa del territorio a cavallo della frontiera e delle sfide alle quali deve confrontarsi.
La convenzione precisa le funzioni del GECT, la sua durata e le condizioni del suo scioglimento. La convenzione è limitata esclusivamente al settore della cooperazione determinato dai suoi membri e precisa le loro rispettive responsabilità. Il diritto applicabile per l’interpretazione e l’applicazione della convenzione è quello dello Stato membro nel quale si trova la sede ufficiale del gruppo. La sede ufficiale deve trovarsi in uno Stato membro UE, e non potrebbe perciò trovarsi in Ticino.
Il GECT adotta i propri statuti sulla base della convenzione. Essi contengono disposizioni che riguardano in particolare: l’elenco dei membri, l’obiettivo e le funzioni del GECT nonché le relazioni con i membri, la denominazione e la sede, gli organi, le loro competenze e il relativo funzionamento, le procedure decisionali, la scelta della lingua o delle lingue di lavoro, le modalità di funzionamento, segnatamente per quanto riguarda la gestione del personale, le relative modalità di assunzione, la natura dei contratti, ecc., le modalità del contributo finanziario dei membri nonché le norme applicabili in materia di contabilità e di bilancio, la designazione di un organismo indipendente di controllo finanziario e di audit esterno.
3.2. A cosa potrebbe servire il GECT?
Il toro va preso per le corna. Fintanto che l’economia italiana ha goduto di buona salute, il Ticino ne ha beneficiato. Le difficoltà di Lombardia e Piemonte incidono fortemente sul Ticino che non ha e non avrà la forza da solo di contrastare certi fenomeni. Non riuscendovi, e purtroppo non solo per l’insuccesso della Regio Insubrica, ritengo una buona idea cambiar marcia e approccio per favorire la cooperazione transfrontaliera su tutt’altra scala, con obiettivi in tutti quei settori nei quali per la limitatezza del nostro territorio e della nostra popolazione non abbiamo in Ticino la massa critica e per i quali non riusciamo (a causa della distanza geografica e la differenza linguistica) a collaborare con altri Cantoni (penso alla medicina di punta, al settore della formazione avanzata, alla ricerca, alla promozione turistica e economica, alle questioni occupazionali, alla creazione di uno spazio mediatico comune, alla politica culturale …) o su temi sui quali per ragioni geopolitiche non possiamo che collaborare (ad esempio in ambito di sicurezza, trasporti, tutela dell’ambiente, mobilità transfrontaliera, creazione di Park & Ride fuori confine e/o di stazioni di trasbordo merci gomma/rotaia, impiego effettivo dei ristorni delle imposte alla fonte per infrastrutture pubbliche tipo Stabio/Malpensa,…). Una volta identificate queste aree politiche bisognerà dotarsi delle istituzioni, ma anche dei crediti finanziari a sostegno di progetti comuni. Immagino vi saranno coloro che riterranno tali costi una spesa inutile e chi li riterrà degli investimenti per il futuro del Ticino. Certo costituire un GECT richiede sforzi importanti e l’istituzione rischia di restare un contenitore vuoto se poi non vi è la volontà e la capacità di animarlo e dargli dei contenuti. In questo senso posso capire che si stia per ora procedendo in maniera più pragmatica e ad hoc, con collaborazioni puntuali, ad esempio in ambito di polizia e sicurezza, o su singoli progetti (infrastrutture dei trasporti). Questo approccio non permette però di sviluppare una visione condivisa del territorio e delle molteplici sfide, spesso legate tra di loro, a cavallo della frontiera, e di dare visibilità pubblica e legittimità politica a scelte di collaborazione (o di non-collaborazione).
- Nel 1996, il Consiglio federale ha firmato con i Governi della Germania, della Francia e del Lussemburgo l’Accordo di Karlsruhe sulla cooperazione transfrontaliera tra collettività territoriali ed enti pubblici locali. La Svizzera ha firmato per i Cantoni di Soletta, Basilea-Città, Basilea-Campagna, Argovia e Giura, e in seguito pure per Sciaffusa, Berna, Neuchâtel, Vaud, Ginevra e Vallese. L’accordo contiene disposizioni sulla conclusione di trattati di cooperazione transfrontaliera come pure sull’istituzione di organismi transfrontalieri, cosiddetti raggruppamenti locali.
- Come ha messo in evidenza il rapporto n. 6469R della Commissione della gestione e delle finanze sopra richiamato e recentemente approvato dal Gran Consiglio, il nostro Cantone deve occuparsi finalmente e attivamente di curare, e non chiudere, i rapporti con l’Italia. Il ritardo che deve colmare il Ticino, per rapporto agli altri 14 Cantoni che da anni hanno portato avanti una politica attiva di cooperazione transfrontaliera, è considerevole. Vi è il vantaggio quantomeno di poter sfruttare le esperienze fatte negli anni da questi altri Cantoni, segnatamente Basilea e Ginevra. Iniziative partite dall’economia privata a Basilea e dalle autorità a Ginevra, laddove sin dal 1973 fu istituito il CRFG-Comitato regionale franco-ginevrino che si occupa praticamente di tutti i problemi esistenti a livello delle regioni transfrontaliere coinvolte (fiscalità, trasporti, ambiente, sicurezza, alloggio, lavoro, cultura, educazione, sport, ecc.).
- La consapevolezza delle difficoltà e dei diversi gradi di competenza decisionale soprattutto nelle autorità italiane, le loro peculiarità, nonché la conflittualità attuale con la vicina Italia, ma anche tra Roma e le proprie Regioni del Nord, proprio perché non sono ignorate, potrebbero giocare a favore dell’istituzione di un GECT con budget e competenze autonome e vincolanti per ambo le parti.
Sulla scorta di quanto sopra mi permetto chiedere al Consigli di Stato:
- Lo studio dei presupposti, i preparativi e la creazione di un clima favorevole alla costituzione di un GECT non dovrebbero rientrare tra le priorità del Delegato ai rapporti transfrontalieri?
- Perché non concludere un accordo con Lombardia e Piemonte sulla falsariga di quello di Karlsruhe?
- Cosa pensa di fare, a breve, il Governo ticinese – il quale ha ribadito, malgrado le nomine dei Delegati, di voler essere in prima fila – verso la Confederazione per inserire, negli accordi che si spera ancora di trovare con l’Italia, le premesse giuridiche per istituire uno strumento simile al GECT o a quello ginevrino (a livello di struttura, compiti, budget, ecc.)?
Matteo Quadranti, deputato PLR