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26 febbraio 2004 – Opinione Liberale
Se è vero che una religione è (dovrebbe essere) molto di più di un insieme di riti, ovvero essa è (dovrebbe essere) il loro significato, allora direi che la politica è (dovrebbe essere) molto di più di un insieme di riti elettorali, ossia essa è (dovrebbe essere) il significato che sta alla fonte di questi, ossia la democrazia stessa. La politica in una democrazia non è solo far esercitare al popolo sovrano i diritti politici di elezione dei propri rappresentanti bensì è pure partecipazione attiva e controllo costante del lavoro degli eletti affinché questi tutelino effettivamente gli interessi generali della popolazione. Teoricamente questo è l’ABC della politica e di uno Stato di diritto che non meriterebbe neppure di essere ribadito. Purtroppo la pratica è un’altra cosa per cui certi principi elementari vanno talvolta ribaditi (come ad esempio la collegialità, la correttezza e la collaborazione in seno ad un Esecutivo).
Una pubblicazione e un evento recente mi inducono a ritornare sul tema della crisi della politica e della democrazia.
La pubblicazione. In un saggio di Marco Revelli dal titolo “La politica perduta” (Einaudi, Torino 2003), l’autore, da un lato, evoca un giudizio negativo e di merito sulla politica gestita nella prevaricazione e nella corruzione, ma dall’altro lato, sottolinea l’idea positiva di un bene prezioso che è stato “perduto” e va quindi riscoperto e custodito. La proposta dell’autore per ritrovare la politica “perduta” passa attraverso una sorta di abbassamento che dall’alto dell’autocrazia conduca invece all’orizzontalità delle relazioni. In sostanza il nuovo paradigma politico dovrebbe partire da una “decostruzione drastica della tradizionale verticalità tipica della politica (..comando dall’alto)” per inoltrarsi sulla “faticosa ricostruzione di una dimensione orizzontale, nella quale la capacità di istituire relazioni, di corresponsabilizzare e di condividere prevalga sulle semplici tecnologie del potere”.
L’evento. La scomparsa di Norberto Bobbio con i relativi omaggi al filosofo e senatore, mi ha indotto a rispolverare il successo del suo saggio “Il futuro della democrazia” (Einaudi, Torino 1995) nel quale innanzitutto si riassumono i limiti della stessa, ovvero una serie di “promesse o aspettative non mantenute” dalla democrazia. Ad esempio Bobbio – Maestro del liberalismo sociale (che come ha sottolineato giustamente Salvatore Maria Fares, non vuol dire stare tutto a sinistra) – sostiene che il potere oligarchico non è stato sconfitto da quello democratico poiché le regole e le procedure democratiche hanno consegnato il potere a gruppi d’interesse organizzati e non ai rappresentanti degli ideali e dei valori dei cittadini i quali reagiscono, da un lato, con l’astensionismo alle urne (in segno di protesta verso la politica e le istituzioni) e, dall’altro, con le manifestazioni di piazza (di regola in segno di tutela d’interessi di classe o categoria). Per rilanciare la democrazia Bobbio suggeriva di ripartire proprio da alcuni ideali. Tra questi quello della democrazia che oggi definiremmo “deliberativa” la quale richiede però un’opinione pubblica istruita (sugli strumenti democratici e civici), informata (in modo etico e corretto: ciò che certi media di oggi rendono opera ardua tanto quanto certa demagogia di taluni partiti) e attiva (ovvero che partecipi al dibattito delle idee).
È proprio quest’ultimo punto che congiunge i due spunti di cui sopra e mi induce a proporre uno sforzo maggiore per rendere attiva la base della società rendendola corresponsabile. Ciò significa, per il partito, orizzontalizzare il proprio funzionamento dando ascolto alla base più ampia e alle sue esigenze (la recente revisione dello statuto PLRT va in questo senso ma ancora bisogna che vada concretizzata anche con un flusso d’informazioni bidirezionale), mentre per lo Stato, ciò significa conferire più potere alla società civile (ciò che il nostro partito ha iniziato a fare pur con le opposizioni di chi vuol mantenere uno Stato assistenzialista). Se il PLRT ha ottenuto dei successi nelle ultime elezioni federali e cantonali in netta controtendenza per rapporto ai risultati catastrofici ottenuti dal nostro partito a livello nazionale, è anche perché nel nostro Cantone i liberali radicali hanno svolto e svolgono una politica che non si è schierata acriticamente a favore di una élite della Finanza bensì mira alla tutela degli interessi dell’economia (ci mancherebbe altro!) ma anche di una socialità e sanità mirate. Il PRD dovrebbe quindi trarre qualche insegnamento dal PLRT.
Le prossime elezioni comunali sono – proprio per l’ampiezza delle persone candidate che esse coinvolgono e la prossimità con la base – un’occasione propizia per ribadire certi principi del metodo liberale ticinese al di là delle problematiche locali; per sanzionare coloro i quali hanno anteposto interessi personali a quelli generali; per informare correttamente l’opinione pubblica sui problemi del Paese; per renderla corresponsabile di scelte che vanno nell’interesse generale. Chi pensa che lo Stato non debba contenere il debito pubblico attuando misure di risparmio e ridefinendo i propri compiti, è irresponsabile verso le generazioni future. Chi pensa che le misure di risparmio vadano sempre attuate “altrove” – luogo ormai fantomatico tanto quanto il Paese dei Balocchi – e in ogni caso in modo che vadano a toccare gli interessi di altri ma mai anche una sola parte dei propri, è irresponsabile verso il Paese poiché di fatto vuole tutelare i propri interessi di categoria in modo egoistico. Chi pensa che ogni soluzione sia attuabile solo con l’incremento delle tasse, è irresponsabile verso l’economia che crea posti di lavoro e investimenti sul territorio.
Un partito responsabile deve informare e agire correttamente ma deve anche poter contare su una società civile, su un’opinione pubblica attiva dove la gente abbia pure il senso di responsabilità che le faccia accettare taluni sacrifici per un bene più grande che prevarica élites, categorie professionali e classi sociali, che vede oltre gli interessi contingenti e personali a favore di un progetto comune per coloro che verranno.