Carriere professionali: valori e denaro

5 maggio 2014 – La Regione Ticino

In questo Cantone si fa sempre più fatica a pensare politicamente al futuro e a percepire per tempo le nuove tendenze “extra muros”. Siamo talmente concentrati – o meglio limitati – nel “gestire” l’ordinario e nel chiuderci su noi stessi, dibattendo su pochi monotoni temi (finanze di legislatura, padroncini, frontalieri e stranieri,…) che si stenta anche ad interessare partiti e media su qualche tema diverso e che abbia una visione a lungo termine. Peccato perché il futuro dovremmo iniziare a pensarlo e costruirlo ora. Già ho tentato, e non intendo mollare, il tema del futuro delle professioni e quindi dei curriculi scolastici che possano consentire ai nostri figli di trovare un impiego nei nuovi mestieri che si affacciano nell’era digitale. Qui e ora vorrei segnalare un altro trend che sta emergendo proprio dai giovani statunitensi. Sì proprio quelli che abitano il Paese a cui spesso ci si ispira visto il mito del sogno americano. Orbene oggi emerge un “nuovo sogno americano” tra i giovani denominati “millenial” (quelli nati tra il 1981 e il 2000) che hanno sostituito i “baby boomer” nati negli anni Sessanta e Settanta. In base alle loro inclinazioni vi è chi già sta pensando alle professioni e al modo di lavorare del futuro. I baby boomer aspiravano a carriere ricche di promozioni economiche e quindi di guadagni (possibilmente elevati, subito e facili, senza molti scrupoli). I venti/trentenni di oggi vogliono: delle esperienze lavorative ricche di valori e significati; delle carriere non più lineari ma come una serie di progetti della durata di circa 3 anni. Quindi flessibilità, voglia di rimettersi in gioco e affrontare nuove sfide. Gli studi che attestano queste nuove tendenze possono apparire sorprendenti se si considera che la generazione dei millenial affronta il peggior mercato del lavoro degli ultimi 60 anni in uno stato di crisi e incertezza permanente. Credo che proprio qui stia la differenza di approccio. Premesso che non sono affatto un fan dello stile americano di vita, non posso sottacere che negli Stati Uniti, ma non solo, di fronte alle mutate circostanze di regola si reagisce piuttosto che fermarsi, lamentarsi e sperare che alla politica riesca il miracolo di far tornare tutto all’epoca d’oro del boom economico e finanziario. Orbene, questi millenial stanno plasmando le loro menti verso un attitudine alla mobilità, al sociale e all’imprenditoria che diventando caratteristiche competitive. Ma vi è di più: tra i giovani intervistati, neanche uno ha espresso il desiderio di “fare soldi”, “raggiungere posizioni di potere”. Piuttosto sono emerse aspirazioni che vanno dal “voglio insegnare ai teenager come evitare debiti e diventare imprenditori sostenibili” a “dare alle giovani donne l’ispirazione per diventare ingegneri”. I bonus non si cercano più in denaro ma si preferirebbe averli in tempo libero. I millenial vedono la professione non più come un mezzo per pagare l’affitto ma come un percorso per esplorare passioni, hobby, filosofie e trovare soddisfazioni individuali a tutto tondo. Alcune aziende, come la Deloitte, leader mondiale della consulenza, sembrano aver capito che i venti/trentenni non si lasciano impressionare dai titoli o dagli stratagemmi da pubbliche relazioni. Il principale interesse sta nella dimensione valoriale dell’impresa. Questa generazione vuol sapere cosa l’organizzazione per cui dovrebbero lavorare fa in concreto per migliorare la società e se loro faranno la differenza per il mondo scegliendo di farne parte. La maggior parte dei laureati di Harvard, Yale, Stanford ha definito assurda la decisione dei colleghi (il 25% dei laureati 2011) che hanno scelto il mondo della finanza. La metà degli intervistati è convinto che sarà il mondo delle aziende ad avere una responsabilità crescente, anche morale, nella risoluzione delle grandi sfide della società. Forse anche per questo l’artigianato, le formazioni professionali, stanno trovando una seconda vita. Si va forse verso un capitalismo più gentile, che considera il tempo per sé e per gli altri il vero lusso del XXI secolo. In fondo, il denaro ha un valore che è sempre stato quello della sua utilità nel rendere gli scambi più semplici. Si parla di economia di libero scambio quando la legge della domanda e dell’offerta governa gli scambi e stabilisce il prezzo: dei beni, dei servizi, delle prestazioni di qualunque sorta. Pertanto se la domanda dei millenial chiede valori e tempo libero, aziende morali e responsabili, forse è il caso di iniziare a pensarci e riorganizzare le modalità di lavoro e le carriere.