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18 ottobre 2007 – Opinione Liberale
Rubrica ” Ballate Maltesi”
È difficile, in circostanze difficili, non rinunciare a difendere le idee su cui si fondano gli ordinamenti liberali e le “virtù della libertà” come le chiama Ralf Dahrendorf, ossia la fortezza, la giustizia , la moderazione (o temperanza) e la saggezza. La prima consiste nel mantenere la capacità di ragionare con la propria testa. La seconda è la forza di battersi per la supremazia del diritto e la democrazia politica. Alcuni vi aggiungerebbero le regole dell’economia di mercato. La terza è la virtù dell’osservatore impegnato, pluralista e tollerante e la quarta quella di chi sa prestare ascolto ad argomenti critici e ad imparare dall’esperienza. Tra i personaggi che hanno interpretato al meglio tali virtù vengono citati Isaiah Berlin, Raymond Aron e Karl Popper – per restare al XX secolo e ai suoi totalitarismi – e tra i loro precursori anche Erasmo da Rotterdam. Senza voler avere una visione catastrofista e soprattutto irrealistica di un ritorno ad una forma di totalitarismo in Europa, v’è da dire che la democrazia non pare comunque in buona salute e la storia insegna che i sistemi politici possono anche degenerare ciclicamente (monarchia – tirannia – aristocrazia – oligarchia – repubblica – democrazia e ritorno). Oggi il carattere democratico lo si deve giudicare alla prova dei fatti concreti e non nel semplice uso costituzionale del termine. La tendenza al bipolarismo del confronto politico e delle risultanze elettorali non fa altro che evidenziare la decadenza dell’ordinamento di diritto e delle virtù liberali e ciò ad evidente discapito dell’interesse pubblico generale. Se ad avere la meglio nelle contese elettorali saranno ancor di più le demagogie di destra e di sinistra vuol dire che una buona fetta della popolazione vorrebbe venissero adottate leggi, decreti e decisioni che sistematicamente verrebbero ad ignorare le legittime aspettative e problematiche dell’altra parte di popolazione. Certo questo sarebbe quanto prevede un sistema maggioritario che rientra anche in un ordinamento democratico, ma ciò a condizione che la politica continui ad essere esercitata in modo dignitoso e quindi saggio, con spirito critico e libero, con moderazione e tolleranza. Modalità queste che paiono fortemente in crisi anche a causa dell’uso spettacolaristico del conflitto fatto da certi media.
Il bipolarismo attuale parrebbe voler seguire – inconsciamente appunto – una teoria recente della psicologia cognitiva secondo la quale la nostra intelligenza è fatta di sensazioni viscerali, ovvero vi sarebbe in noi una razionalità dell’irrazionale che ci fa propendere per decisioni prese sulla base di processi estranei alla logica. In sostanza noi decideremmo a lume di naso o meglio secondo strategie cognitivamente semplici (o meglio, direi, semplicistiche), veloci ed economiche che ci risparmiano calcoli e ragionamenti complessi. Si tratterebbe in breve di una forma di intelligenza “intestinale” che consiste nel “sapere, senza fare lo sforzo di pensare”. Peccato che tale teoria, in numerosi casi ben documentati sperimentalmente, non spieghi perché invece questi “giudizi di pancia” ci portino sistematicamente fuori strada. Per cui seguire questa teoria, soprattutto a livello politico, ci condurrebbe in una terra priva di logica e razionalità che sa molto di nuovo oscurantismo.
Il bipolarismo fondato sulle rispettive, e opposte, demagogie pare inoltre poggiare su un’altra teoria psicologica secondo cui spesso tenderemmo ad adottare delle scorciatoie alla fatica di un ragionamento logico/deduttivo. In pratica, come affermava Cartesio, spesso ragioniamo a partire da premesse che non sono affatto certe (perché ci vengono magari vendute per vere), per modo che anche le deduzioni, e conseguenti decisioni, possono condurci ad apprezzamenti sbagliati. Pure John Stuart Mill riteneva che talvolta ragioniamo per inferenza alla miglior spiegazione (abduzione) che spesso riteniamo coincida con quella più semplice. Se non che, è possibile anche qui che si parta da delle premesse vere per giungere a delle conclusioni false. I fondamenti del pensiero critico impongono invece di diffidare dalle eccessive semplificazioni e dalle generalizzazioni avventate che possono dare origine ad azioni azzardate dalle conseguenze nefaste. Occorre ragionare bene per dialogare costruttivamente e porre così le basi per agire con considerazione. Tale dev’essere l’attitudine mentale da desiderare per onesta intellettuale e da perseguire per correttezza. Dal leader politico dobbiamo quindi attenderci che sia onesto e che le sue affermazioni e proposizioni siano tra loro connesse in modo corretto ovvero che segua sempre la retta via e non le scorciatoie.
Fortunatamente per un partito quale il nostro – ovvero interclassista, volto alla ricerca del giusto compromesso e delle soluzioni praticabili – ci potrebbero venire in soccorso i risultati emersi di recente da alcuni studi sulla teoria dei giochi. Parrebbe infatti che, a partire dal “dilemma del prigioniero” (che per ragioni di spazio non illustrerò, ma si fonda in sostanza sulla scelta tra confessione e “omertà”) applicato anche ad alcune situazioni di mercato, si sia giunti a determinare che gli individui o “concorrenti”, alla lunga, preferiscono la cooperazione (o dialogo) all’opportunismo (delle demagogie) ed il tutto si gioca sul concetto di reputazione e quindi di ottenimento della fiducia. In sostanza se il gioco non è giocato una volta sola – laddove l’opportunismo del “qui e adesso” indurrebbe a scelte egoistiche – ma si ripete (come è il caso del confronto politico) e quindi c’è un futuro da costruire, allora il rapporto costi e benefici ci indurrà, tra “concorrenti”, al sacrificio di crearci una reputazione fondata sulla collaborazione, per trarre un vantaggio più elevato in futuro. Illuminiamo la nostra reputazione di serietà e votiamo per le virtù liberali che ci uniscono, contro il nuovo oscurantismo.
Ralf Dahrendorf, “Erasmiani. Gli intellettuali alla prova del totalitarismo”.
Aristotele, “La Politica”, (Capitolo IX, Delle diverse forme di governo).
Gerd Gigerenzer, “Gut Feelings. The Intelligence of Unconscious”.
Marcello Frixione, “Come ragioniamo”
Douglas Walton, “Fundamental of Critical Argumentation”
Guido Tabellini, “ Institutions and culture”
Vittorio Pelligra, “I parodossi della fiducia”