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5 febbraio 2010 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi
…e la politica
La politica è più antica dell’uomo: comportamenti di tipo “politico” (stringere alleanze per conquistare il potere nel gruppo), infatti, sono stati notati anche tra le scimmie antropomorfe (in particolare gli scimpanzé), gli animali geneticamente più vicini all’uomo. E’ ormai scientificamente assodato che il 98.4 % del DNA umano (Homo sapiens) è uguale a quello degli scimpanzé (Homo troglodytes, secondo la nomenclatura scientifica del grande svedese Linneo che già nel XVIII sec. considerò i due tipi nello stesso genere). Una differenza genetica sorprendentemente piccola (1.6%). Basti considerare che ad esempio la differenza genetica tra uno scimpanzé e un gorilla è del 2%. Tra uomo e scimpanzé v’è dunque la stessa differenza che c’è tra un cavallo e un asino, e un divario addirittura minore di quello che divide un topo da un ratto e i cammelli dai lama. Se da un lato, azzeccandoci come quasi sempre, il filosofo antico Aristotele scrisse che “l’uomo è per natura un animale politico”,come lo erano prima di noi le scimmie, dall’altro lato fa riflettere che molti secoli dopo, Charles Darwin, dopo aver dimostrato che l’uomo discende dal regno animale, non se la sentiva ancora di definirlo come “animale intelligente”. Si dovette attendere il XX sec. per far sì che lo specialista di biologia evolutiva Julian Huxley s’inventasse, in un ottica ormai antropocentrica generalizzata, una categoria distinta nella quale collocare solo l’uomo: quella degli “psychozoa”. Alcuni anni orsono,l’antropologo olandese Frans De Waal sorprese la comunità scientifica con le sue osservazioni su un gruppo di 20 scimpanzé, arrivando alla conclusione che “la politica tra gli scimpanzé è diretta a mantenere un equilibrio pacifico, piuttosto che ad alimentare conflitti”. Già qui vien da chiedersi, scherzosamente ma non troppo, se l’uomo (o almeno qualcuno) sia davvero evoluto per rapporto alle scimmie antropomorfe! Gli antropologi sembrano ad esempio ritenere che la guerra sia diventata una realtà diffusa solo dopo lo sviluppo dell’agricoltura (7/8’000 anni fa). Secondo la filosofa Hannah Arendt, l’origine della politica, intesa come esercizio del potere dentro e fuori la comunità di appartenenza, si ebbe proprio col superamento della logica dello scontro per lo scontro, in voga durante l’età eroica descritta da Omero nell’Iliade. Alle maniere forti si sostituì l’arte del negoziato: invece che la guerra come continuazione della politica con altri mezzi, la politica sarebbe il superamento delle guerre con metodi più “civili”, come la mediazione. Sarà! Forse a livello glocale ma nel mondo né le guerre né la politica hanno ancora avuto un vero successo. La politica può essere solo l’arte di conquistare e mantenere il potere? Guardando indietro nel tempo e nello spazio ( ad es. tra le tribù Hadzabe della Tanzania o gli indios Piaroa del Venezuela), la politica era “il processo mediante il quale vengono assunte decisioni d’interesse collettivo attraverso l’esempio e il convincimento”. In particolare gli indios Piaroa sono classificati dagli antropologi come “anaggressivi”: non hanno cioè mai fatto guerre, hanno bandito i litigi e persino le parolacce non esistono nella loro lingua. Ma quanto avremmo bisogno di spedirci qualche nostro politico da quelle parti per uno “stage”?! Anche i Borana (250’000 pastori nomadi tra Etiopia e Kenia) sono riconosciuti come un esempio in fatto di democrazia partecipativa, laddove la rivalsa e la mancata accettazione delle decisioni prese dalla maggioranza costituiscono una mancanza socialmente imperdonabile. Si potrebbe quindi rimpiangere di non vivere in tali contesti tribali (comunitari, egualitari, acefali) e come tali sfruttati invero ad arte anche da ideologi come Marx e Engels per ispirare il sistema comunista, se non che è bene accettare la realtà secondo Kornad Lorenz, ovvero che l’istinto gerarchico è il motore dei rapporti sociali. Ciò non significa accettare abusi e ingiustizie, ma capire che la pulsione gerarchica va canalizzata su binari utili per tutti. Per tornare a capofitto alle risultanze scientifiche, e in particolare le recenti scoperte della neurofisiologia cerebrale, pare che l’uomo debba uscire dalla nobile nicchia che si è ricavato per tornare dai suoi parenti più stretti: le scimmie antropomorfe appunto! Da numerose ricerche effettuate a partire già dal XIX sec., benché il solo criterio dell’affinità genetica non fosse sufficiente, si è potuto appurare che le scimmie hanno le capacità di tramandarsi culturalmente, di generazione in generazione, le esperienze acquisite; di apprendere e utilizzare il linguaggio umano e non solo l’”ameslan” (il linguaggio dei segni usato dai sordomuti); di far di conto benché fino a livello infantile; di utilizzare con cognizione una tastiera con 256 simboli per interagire e formulare richieste e esprimere un sentimento come la felicità o la sofferenza. La studiosa Francine Patterson chiese alla sua Gorilla Koko: “Che cos’è la morte?” e questa rispose: “ Accogliente – Caverna – Arrivederci”. È riconosciuto anche che non è né il linguaggio né l’abilità di calcolo che permettono di stabilire se un individuo appartiene o meno alla comunità morale umana. Infatti su questo piano, uomini con handicap mentali e poppanti sono piuttosto indietro, eppure nessuno si sogna di pensare che non meritano una protezione morale completa. Perché quindi non accordarla anche alle scimmie antropomorfe? Dal 1997 in Inghilterra è vietata la sperimentazione su tali scimmie. Dal 1999, la Nuova Zelanda riconosce a tutte le scimmie antropomorfe del paese il diritto assoluto alla vita. Dal 1993 vi è un gruppo che si batte per far si che i 3 diritti fondamentali dell’uomo (diritto intoccabile alla vita, all’incolumità fisica e al libero dispiegamento della propria personalità) vengano estesi anche a queste scimmie. Lo stato attuale e la tendenza nello sviluppo della neurofisiologia cerebrale ci impongono un ripensamento – e forse un debito di riconoscenza, anche per quel senso politico trasmessoci – verso di loro. Queste scimmie “sono meravigliose a modo loro. In certe cose sono inferiori, in altre superiori a noi”, scrive il primatologo giapponese Toshisada Nishida. Che siano superiori nell’arte della politica?