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24 Ottobre 2014 – Opinione Liberale
Il populismo e la democrazia
“La massa vuole uno stile semplice, chiaro e al contempo perentorio, assertivo e ripetitivo: è un gregge che non può fare a meno di un padrone”, affermava Gustave Le Bon in “La psicologia delle folle”. Emilio Gentile, recente ospite del Club Plinio Verda, dedica un articolo a Le Bon su “Il Sole24ore”. Sergio Salvioni su “La Regione” del 13 ottobre scrive del populismo come abuso della democrazia. Il Premio Nobel per la Letteratura, Mario Vargas LLosa, in un’intervista recente, incita gli europei a dire basta al pessimismo apatico e fine a sé stesso, per salvare la democrazia e difendere i valori liberali. Dice che gli europei (tra cui ci siamo anche noi) sono malati di “ombligismo”, dallo spagnolo “ombligo”, ovvero l’abitudine a guardarsi l’ombelico in un atteggiamento egocentrico, chiuso, di disarmo morale e perdita dei valori etici di libertà, solidarietà, rispetto, diritto. L’idea inculcataci dal populismo secondo cui tutto va male, tutto è corrotto, fa perdere quel dinamismo che in passato è stato il grande motore di cambiamento e riforma. Il populismo pessimista, intollerante e menzognero è il problema della democrazia di oggi. Ed è una questione profondamente culturale, di spirito critico. Quando e laddove sono mancati e mancano lo spirito critico e la libertà, vi sono le tenebre e le sopraffazioni di leader e oligarchie (movimenti) che usano strumenti per abbindolare la gente. Ce lo dimostrano tanto la storia quanto l’attualità. Fortunatamente prima o poi risorge il sole e la massa si risveglia, apre gli occhi e si chiede come ha fatto a credere a tante promesse illusorie. Le Bon riteneva che “l’era delle folle è inevitabilmente l’era dei capi”, ma rari sono i capi dotati di forti convinzioni capaci di condurre la massa a scelte ragionevoli, praticabili, nell’interesse pubblico generale. I leader che anche certa stampa oggi invoca sono spesso retori sottili o triviali che mirano all’interesse personale e cercano il consenso del popolo lusingandone i bassi istinti. Quanto più un’affermazione è concisa, sprovvista di prove e di dimostrazione, tanto maggiore è l’autorità di chi la sostiene. Tale affermazione deve essere ripetuta continuamente perché solo così penetra nelle ragioni profonde dell’inconscio popolare. I caratteri specifici della “gente”, secondo Le Bon, sono la suggestionabilità, l’incapacità di ragionare, l’esacerbazione delle passioni, il semplicismo delle opinioni e altre caratteristiche che appartengono al bambino o agli esseri primitivi per la facilità a lasciarsi impressionare dalle parole e dalle immagini, a farsi trascinare in atti lesivi dei suoi più evidenti interessi. Nella psicologia delle folle, gli individui (indipendentemente dal loro ceto, sesso, intelligenza) acquistano una psicologia comune che li fa sentire, pensare e agire in modo diverso da come ciascuno di loro farebbe isolatamente. Le attitudini razionali e intellettuali dei singoli si annullano e predominano i fenomeni inconsci, le decisioni di pancia. Il candidato leader può promettere senza timore le più importanti riforme. Tanto le promesse esagerate producono sul momento un grande effetto e non impegnano affatto per l’avvenire, perché la folla non si preoccupa poi di sapere se l’eletto ha rispettato e dato seguito con risultati ai propri proclami. I Leader, grazie al consenso popolare, ottengono dalla gente una docilità molto più completa di quella ottenuta dalle istituzioni politiche. Queste perdono di rispettabilità e forza. Così si mina la democrazia su cui abbiamo, con lotte feroci contro capi e aristocrazie, costruito la modernità illuminata. Alzi la mano chi non vede nel nostro Ticino un po’ troppo di tutto quanto ho scritto? Cessiamo di essere “gente” e torniamo ad essere cittadini.
Matteo Quadranti