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Dopo le iniziative “Contro l’immigrazione di massa” e “Prima i nostri”, andremo a votare su quella denominata “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri (Iniziativa per l’autodeterminazione)”. Qualche riflessione dal profilo del diritto costituzionale. La Costituzione – fondamento della Nazione – contiene le regole cardine sul funzionamento dello Stato e garantisce i diritti fondamentali. L’art. 190 Cost prevede che per il Tribunale federale e le altre autorità incaricate dell’applicazione del diritto sono determinanti le leggi federali e il diritto internazionale. Tale norma riconosce il primato del parlamento (che fa e approva leggi e trattati). Una Costituzione liberale è anche l’atto primigenio che limita il potere politico, attraverso il principio della separazione dei poteri che impedisce l’arbitrio e la concentrazione degli stessi in uno solo. La forza pubblica è poi limitata dalla garanzia dei diritti fondamentali che lo Stato può ridurre solo a condizioni restrittive (base legale, interesse pubblico, proporzionalità). La nostra Costituzione del 1999, come lo indica il suo “Preambolo” (un capolavoro di sintesi dei valori svizzeri), se la sono data (dal basso) il Popolo svizzero e i Cantoni. La Costituzione deve essere permeabile e adattabile alle evoluzioni (economiche, sociali, globali) di una società, ma nemmeno deve essere troppo facilmente emendabile. Se la sovranità popolare è importante in democrazia, ciò non toglie ch’essa possa essere limitata come ha deciso il popolo stesso (art. 139 cpv. 3 Cost). Questa norma, unita all’art. 190 Cost, impedisce una modifica costituzionale che violi le regole imperative del diritto. Discorso diverso è quello di limitazioni che dovessero essere imposte da una fonte straniera. La Svizzera ha adottato, come principio costituzionale non scritto, quello secondo cui non si fa distinzione tra l’ordine giuridico interno e quello internazionale una volta che quest’ultimo è stato adottato dallo Stato nazionale. Confederazione e Cantoni sono tenuti a rispettare il diritto internazionale per stessa volontà del potere costituente (art. 5 cpv. 4 Cost). Anche gli artt. 26 e 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (ratificata dalla Svizzera) prevedono che ogni trattato in vigore vincola gli Stati che devono eseguirlo in buona fede. Uno Stato contraente non può invocare la propria legislazione per giustificare la mancata esecuzione di un trattato. L’art. 5 cpv. 4 Cost. a ragione non parla di primato del diritto internazionale su quello interno federale. Invece l’art. 49 cpv. Cost. indica espressamente che il diritto federale preme su quello cantonale contrario. E su questo non vi è discussione dottrinale alcuna. Secondo il preambolo costituzionale, la Svizzera si vuole una alleanza confederale determinata a consolidarne la coesione interna, l’indipendenza, in uno spirito di solidarietà e di apertura al mondo. Da qui, per un Paese piccolo e interdipendente dall’estero come il nostro, l’importanza di rispettare gli accordi internazionali da noi sottoscritti e approvati da popolo e Cantoni. Un conto è rispettarli e un altro è dire che gli stessi siano prevalenti. Il Tribunale federale, nello spirito di cui sopra, cercherà sempre di interpretare una norma nazionale in modo conforme al diritto internazionale secondo principi e metodi esposti in alcune sentenze. Fino al 1999 aveva prevalso la giurisprudenza (DTF 99 Ia 39) secondo la quale la legge federale adottata dall’Assemblea federale posteriormente derogava e prevaleva volutamente ad un trattato internazionale anteriore. Nel 1999, in una sentenza (DTF 125 II 417), il Tribunale federale ha confermato la sua prassi ma disse che i trattati, anche anteriori, che proteggono i diritti umani restano preminenti sul diritto interno posteriore. Tra il 2010 e il 2012 due sentenze (DTF 136 III 168, 139 I 16) hanno avuto un effetto sismico sulla prassi precedente. Infatti esse precisano che il diritto internazionale preme sistematicamente sulle leggi interne indipendentemente da quale sia anteriore o posteriore, ma vanno anche oltre sostenendo che esso preme pure su quello costituzionale. Inevitabili le critiche da parte di certa politica ma anche della dottrina costituzionalista che le ha ritenute non costituzionali poiché l’Alta Corte sarebbe andata oltre all’ideale parlamentare, ai limiti del potere giudiziario e alla democrazia semidiretta trasformandosi in una sorta di “giurislatore”, di giudice che crea una norma giuridica. Il Tribunale federale (per Costituzione) non può controllare la costituzionalità delle leggi federali e quindi nemmeno può controllare la convenzionalità della nostra Costituzione. Il fenomeno del “giurislatore” è in crescita a livello di Corti internazionali. Ad esempio partendo da un diritto alla vita privata e familiare sancito dalla CEDU la Corte ha fatto discendere un diritto ad un ambiente sano che invece non era previsto nella convenzione. In passato, società, economia e diritto si sovrapponevano all’interno di una nazione ed il diritto internazionale si limitava a qualche materia specifica, il resto era regolato dalle Costituzioni. Con la globalizzazione vi è stata un’esplosione di trattati internazionali contenenti norme materialmente di livello “costituzionale”, ma che formalmente non lo sono poiché non sono adottate dal potere costituente che, da noi, è il popolo e i Cantoni. I trattati, in certi Paesi, sono approvati da esecutivi o legislativi, ma non ratificati dal popolo, salvo casi limitati (cfr. referendum Brexit). Se poi si aggiungono interpretazioni estensive da parti dei giudici, il problema della legittimità si pone. La nostra Costituzione sarà confrontata ad altre le sfide. In una società avida di sensazioni forti ed emozioni accentuate dai media e dai social network, c’è il rischio che si vogliano inserire norme costituzionali sulla base di eventi drammatici ed emozionali. Tale è stato il caso, negli ultimi anni, per l’introduzione dell’art. 123c Cost in tema di tutela dell’integrità sessuale dei minori per timore di casi di pedofilia emersi altrove e per gli art. 121 cpv. da 3 a 6 e 121a Cost in tema di rinvio dei criminali stranieri e di lotta all’immigrazione di massa. Una tale evoluzione – le emozioni non essendo per forza cattive dal profilo giuridico – può entrare in conflitto con un Stato di diritto. Dovendo affrontare la questione, ecco un paio di possibili limitazioni a modifiche costituzionali emozionali: l’aumento del numero di firme necessarie per una iniziativa costituzionale (fosse per ricalibrarle all’aumento demografico intervenuto) ed un periodo di carenza di 5 anni prima che si possa passare al voto di popolo e Cantoni su una iniziativa scaturita da un evento che assurge all’attenzione dei media. In una democrazia come la nostra, una educazione solida, pubblica, interclassista e interprofessionale resta il miglior strumento affinché la popolazione non prenda decisioni importanti alla leggera. Le sentenze del Tribunale federale sopra richiamate hanno rafforzato i sentimenti contro gli stranieri e il diritto straniero. Chi scrive ritiene che la soluzione ancora preferibile sia quella attuale dove i due ordini giuridici nazionale e internazionale hanno pari dignità e si devono rispettare valutandoli caso per caso. Avv. Matteo Quadranti, Gran Consigliere