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Chi ha a cuore la buona politica, quella dei dibattiti sugli argomenti e non contro le persone, concorderà sul fatto che nella prossima legislatura sarà utile riflettere su quale cronaca sia più utile al Paese. Non si tratta di controllare con la politica i media, ma nemmeno di lasciare che i media controllino la politica. I media, come i partiti, sono corpi intermedi, tra leader e popolo. Stampa scritta o online hanno interesse ad essere lette perché pure loro sono in crisi. Nella Ginevra sede di organizzazioni internazionali che puntano alla “governance” globale, ci si interroga sul ruolo che la stampa (e la TV) ha oggi (traboccante di cattive notizie, fake news, soprusi, …) e su quello che dovrebbe avere per migliorare il mondo e ridare forza alla democrazia. Le cattive notizie portano sfiducia, rassegnazione, rabbia e non è nemmeno più certo che aiutino a vendere i giornali. I cittadini, soprattutto i giovani, si rivolgono altrove (internet, social media, youtube) in balìa della disinformazione creata ad arte per compiacerli. Da qui l’idea sviluppata a livello internazionale e la sua realizzazione con 2 nuove testate di “giornalismo costruttivo”: “Heidi News” e “Geneva Global Insider”. Un giornalismo che cerca, senza smettere di essere critici o di fare giornalismo investigativo, di ispirare soluzioni per i problemi che abbiamo e che restituisce forza ai media e dunque alla democrazia, perché il giornalismo costruttivo aiuta le democrazie a fiorire, quello decostruttivo le fa appassire, come ha dichiarato Michael Moller, direttore generale dell’ONU ginevrina. C’è una diffusa tendenza (accentuata o sfruttata da alcuni politici) a dipingere il mondo in modo non realistico. Il divario tra la percezione pubblica del mondo e la realtà sta crescendo. Tassi di disoccupazione, di frontalieri o di immigrazione ufficiali sono percepiti in modo triplicato o quadruplicato. Come mai accade questo? La gente, invece di consultare più fonti, prende decisioni in base a supposizioni, emozioni, non ai fatti. I giornalisti non dovrebbero cavalcare le paure e le insicurezze ma dare una visione oggettiva, equilibrata. Anche negli USA ci sono corsi di “Giornalismo per il cambiamento sociale”. Non bisogna concentrarsi solo sui sintomi e le cause dei problemi, ma anche cercare metodi per risolverli: trovando persone, associazioni o politiche pubbliche che possano invertire o risolvere il fenomeno. Il giornalismo costruttivo non cambia il modo di pensare ma mostra altre possibilità e visioni. Il giornalista non deve dire qual è “la” soluzione (ciò spetta alla politica), ma aiuta a cercare altre soluzioni, praticate altrove; evidenzia tutti i punti di vista tralasciando i pregiudizi, non cerca di confermare le proprie visioni ma resta curioso, si lascia sorprendere. I cittadini non vogliono sentire notizie su problemi senza soluzione: se non c’è soluzione dicono che non gli interessa e spengono la tv o cestinano il quotidiano. Il buon giornalismo non aiuta a generare conflitti e non dipinge tutti i politici come incapaci, ma per contro crea dialogo, mette penna e microfoni al servizio di ogni possibile attore che possa avere un’idea di come risolvere il problema.
Matteo Quadranti, gran consigliere