L’individuo è chiuso sul suo privato e cinico verso la politica

25 novembre 1999 – Opinione Liberale

l successo di taluni politici è oggi caratterizzato dall’uso accorto dei pregi e dei difetti dei media

Potrebbe sorprendere ognuno di noi, cittadini tecnologici ormai affacciati al nuovo millennio, lo scoprire che, nonostante tutto quanto accaduto nei primi due millenni, si debba talvolta risalire alla saggezza degli antichi greci per riscoprire delle verità
– talvolta meramente intuitive – e fare il punto della situazione attuale. Di certo è che essi avevano più tempo a disposizione per spingere le loro riflessioni oltre la superficialità, la passionalità che caratterizzano di contro i nostri giorni. I greci della polis contribuirono allo sviluppo – assai lento, invero – dei concetti di libertà e democrazia partendo dalla definizione “esistenziale” di un individuo “autonomo”. L’etimologia della parola autonomo ci spiega che è “autosnomos”, colui che dà a se stesso le proprie leggi o norme di condotta, ovvero colui che continuamente s’interroga ed è pronto a rimettere tutto in discussione. Malgrado quest’antico concetto, quasi tutte le società umane si sono poi costituite e/o sviluppate in eteronomia (in assenza d’autonomia). Ciò significa che benché tali società abbiano creato tutte, esse stesse, le loro istituzioni, le loro norme, esse v’incorporano l’idea apparentemente incontestabile da parte dei membri di questa società, secondo la quale dette istituzioni non sono opera dell’uomo, e comunque dell’uomo del momento presente. Le istituzioni, si ritiene, siano state create da menti ancestrali, eroi, Dio, non dall’opera dell’uomo. La dittatura (monarchia, teocrazia) è il frutto di un asserito diritto divino o ereditario o di un atto di forza “eroico”. L’aristocrazia subentra per le medesime ragioni sostituendo semplicemente al governo di uno (divenuto il tiranno), un governo d’alcuni ambiziosi privilegiati che sempre più tali diventano oligarchi sino a che il popolo si rende conto di potersi governare da solo divenendo autonomo e quindi, con la democrazia, rompere quei preconcetti grazie all’esplicita presa di coscienza d’essere l’artefice del proprio destino e quindi delle proprie leggi. Quest’ultime, nell’antica Grecia, Iniziavano con la premessa “édoxèrè boulè kai to démo”, ovvero “è sembrato buono al consiglio e al popolo”, ciò che significa che quanto è sembrato buono in un determinato momento al popolo non è comunque fissato per sempre bensì è mutabile. L’autonomia politica suppone quindi la coscienza che gli uomini creano le loro istituzioni e le cambiano, scelgono e sanzionano i propri rappresentanti – quando è nella misura in cui una democrazia diretta non sia ritenuta possibile od opportuna. Ciò presuppone che in una società autonoma viva un individuo autonomo il quel è tale solo nella misura in cui agisce dopo riflessione, discussione e confronto, non già sotto l’influenza della passionalità, dell’impulsività o d’altri fattori esterni alle scelte di valore quali ad esempio le qualità audiovisive, lo slogan dell’uno o dell’altro politico, il pregiudizio, il vocabolario tanto innovativo da sembrare diretto, comprensibile, quanto – talvolta -, triviale, volgare e fine a se stesso. Oggi viviamo, in occidente, in una situazione d’incertezza poiché cresce e prolifera un tipo d’individuo che non è più tipico di una società democratica nella quale si è pronti a lottare assieme per valori migliori, per maggior libertà, quella vera, non quella che ci viene propinata come tale dalla cultura consumistica e conformistica del fast-food, laddove la rapidità, la superficialità e la semplicità prevalgono sulla lentezza, la profondità e la complessità delle cose.
Oggi si ha un tipo d’individuo che è privatizzato, che è rinchiuso nel suo piccolo milieu personale e che è divenuto cinico verso la politica ed i partiti. Quando la gente vota lo fa cinicamente ovvero non credendo ai programmi dei partiti, o ai politici che gli si presentano. La gente sceglie, nel migliore dei casi, quello che ritiene il minore dei mali, mentre nei peggiori dei casi, la gente, gli individui decidono di abdicare, di non esercitare la propria autonomia dandosi all’assenteismo dalle urne. Si potrà obbiettare che l’assenteismo, il disinteresse della politica sia una forma attiva, nella sua passività, di contestare le istituzioni, le leggi ed i propri rappresentanti politici. Purtroppo l’assenteismo può “delegittimare” certo i partiti o i politici, ma non aiuta a modificare la situazione contestata, anzi! In realtà una società, dal profilo dell’organizzazione politica, s’articola sempre, esplicitamente o implicitamente, in tre parti:
– OIKOS, ovvero il luogo privato, la casa, la vita privata;
– AGORA’, ossia il luogo pubblico-privato dove la gente discute, s’incontra, crea gruppi, associazioni, partiti, imprese. La società civile dei nostri giorni;
– ECCLESIA, il luogo pubblico-pubblico dove si esercita ed esiste il potere:
lo Stato.
Le relazioni tra le parti debbono essere flessibili e l’agorà, la società civile di cui fanno parte pure i partiti, deve fungere da filtro, da mediatrice tra il privato (l’individualismo, anarchia) e lo Stato. Affermare che il luogo privato possa essere separato interamente da quello pubblico è pura demagogia e la società civile ha bisogno della democrazia e della politica. Rinunciare all’esercizio della propria autonomia significa rinunciare ad essere i fautori del proprio futuro. Tutto non può essere disciplinato dalla macchina Stato come tutto non può essere lasciato a singoli individui non organizzati in società civile. Quest’ultima è oggi minata dall’individualismo, dal populismo e dal consumismo generalizzato. Il cittadino che rinuncia a far parte di una società nella quale si discute anche di principi e di valori etici, diventa esclusivamente un privato, un consumatore che s’attende, esige dallo Stato o dai partiti delle prestazioni su misura per lui ed al prezzo che egli ritiene adeguato. Come qualsiasi cliente egli vuole un prodotto ad un prezzo che egli decide o ritiene giusto pagare senza che abbia a preoccuparsi di come il produttore, il fornitore, nel nostro caso lo Stato, possa risolvere i propri problemi interni, trovare i mezzi per finanziarsi ed il personale necessario. Di ciò il cliente non s’interessa.
Egli va in quest’immenso contenitore che è il supermercato, del tutto anonimo, piuttosto che andare dal negoziante storico specializzato e di fiducia. Egli decide di votare ma vuole vincere un premio. Di contro lo Stato o i partiti arrischiano volendo assecondare e soddisfare il cliente di far proprie le tecniche di vendita tipiche delle aziende. Essi cercheranno quindi di trovare i propri testimonials, i propri leaders in modo che soddisfino sempre le esigenze primarie, individuali – e talvolta del momento presente – del cliente. Essi cercheranno di pubblicizzare in modo sensazionale, provocatorio, attirando l’attenzione su di sé attraverso lo sfruttamento dei media. Per questo oggi i leaders politici sembrano essere quelli che in TV o sui quotidiani assumono atteggiamenti estremi, eccentrici, che rompono con gli schemi classici, insomma degli showmen. Il tutto senza che il contenuto o la qualità del prodotto offerto abbia una qualche valenza poiché ciò che conta è l’apparire in superficie (“bucare il video”) e non l’essere in profondità. Il successo di taluni politici oggi è caratterizzato dall’uso accorto dei pregi ma anche dei difetti dei media così come da un atteggiamento populista che mira a soddisfare il consumatore, ma che deve mettere in allerta il cittadino democratico ed autonomo. In fondo, anche la democrazia corre il rischio di cadere in una sua forma degenerata.