LE SFIDE DEL TELELAVORO

Kant diceva che il tempo e lo spazio sono forme della nostra sensibilità. Sia quel che sia, è sempre difficile parlare del tempo senza fare riferimento anche allo spazio (“il futuro è davanti a noi”, “il termine si avvicina”). La letteratura scientifica (quella delle neuroscienze ad esempio) distingue il “tempo istituzionale e sociale” – oggettivo, misurato tramite orologi o meccanismi (software) di controllo del tempo di lavoro come prevede la legge – dal “tempo personale” – soggettivo e variabile poiché si percepisce grazie alle emozioni, all’affettività, agli stati d’animo quali possono essere il minor stress per il caos della mobilità viaria, per la collocazione dei figli durante il tempo di lavoro, o la maggiore passione per l’attività professionale che si sta svolgendo. In questo contesto forse eccessivamente ampio, filosofico e scientifico, si inserisce comunque un fenomeno in atto in modo rilevante nel mondo e in Svizzera (meno marcatamente in Ticino). Parliamo del Telelavoro e delle sue varie evoluzioni o distinzioni (Smart Working, Lavoro Agile) che variano a seconda degli ordinamenti e dei Paesi ma che non abbiamo qua il tempo e appunto lo spazio per approfondire. Basti comunque rilevare che se per decenni il tempo e il luogo di lavoro sono sempre stati elementi essenziali dei contratti individuali, normali o collettivi di lavoro, oggi un numero sempre più crescente di datori di lavoro e dipendenti sperimentano anche e con soddisfazione reciproca quello che qui definiremo telelavoro. L’ufficio della statistica cantonale ha recentemente pubblicato (giugno 2017) alcuni dati sul fenomeno del telelavoro che riprendiamo solo per sommi capi tanto per dare una idea. Intanto va detto che i dati riguardano solo coloro che lavorano dal domicilio e non anche quelli che lavorano anche da altri luoghi o durante viaggi e spostamenti vari e che quindi potrebbero aumentare il numero di lavoratori che già oggi svolgono la propria attività in questa modalità. In Ticino sono circa 40’000 le persone residenti che nel 2015 già lavoravano da casa regolarmente (>50%) o occasionalmente (>50%). In pratica un quarto degli occupati residenti. Di questi, 24’200 lavorano utilizzando Internet, reti fisse e mobili a banda larga per restare connessi e sfruttare banche dati aziendali in remoto. In 11 anni (dal precedente ultimo rilevamento) i telelavoratori sono più che raddoppiati grazie appunto alle nuove tecnologie che ne hanno agevolato l’attuazione ma anche a motivo del fatto che le esigenze e gli stili di vita mutano: madri e padri che vogliono anche occuparsi di più dei figli in prima persona senza doverli collocare in asili nido o doposcuola vari, infinite colonne nel tragitto casa-luogo di lavoro, difficoltà di reperire posteggi e relativi costi per pranzi fuori casa, datori di lavoro che vogliono magari ridurre le superfici locate o di proprietà, contenendo così i costi, potendo così ridurre le postazioni fisse di lavoro. Nel resto della Svizzera i telelavoratori sono già un terzo degli occupati e non va dimenticato che, malgrado o a causa di Alptransit, il telelavoro potrebbe essere uno strumento per trattenere in Ticino lavoratori residenti di aziende svizzere e internazionali o beneficiare di personale qualificato residente nel resto della Svizzera senza obbligarlo a trasferirsi magari con la famiglia in Ticino. Le grandi aziende che hanno sperimentato, col supporto dei sindacati, il telelavoro si dicono soddisfatte, come anche i dipendenti, per il fatto che da un lato le prestazioni sono misurate non più tanto o solo sulle ore di presenza al posto di lavoro ma piuttosto sui risultati e dall’altro lato perché il/la dipendente meglio riesce a coniugare i tempi di vita e di lavoro. Certo non ogni mestiere può essere svolto col telelavoro e nemmeno è auspicabile che lo diventi tanto è che ad esempio tra le nuove questioni etiche, sindacali, giuridiche e sociali che si pongono alle parti contraenti deve esservi quello di garantire pur sempre al dipendente occasioni d’incontro, di socializzazione sia col datore stesso di lavoro sia con colleghi: insomma il dovere di farlo anche uscire dal guscio. Il telelavoro è diffuso un po’ in tutte le professioni (eccetto quelle elementari) e in tutti gli ambiti economici. In particolare sono interessate le professioni tecniche e scientifiche ma anche manageriali e della pubblica amministrazione, quelle dell’insegnamento, dell’informazione e della comunicazione. Seppur ancora sottorappresentati sono i lavori impiegatizi, commerciali diverse compagnie assicurative e grandi aziende stanno introducendo questa nuova modalità di lavoro che ben poco si adatta per contro ad attività come quelle delle cure sanitarie e di fabbrica. Ciò non di meno diversi sono e saranno gli ambiti in cui il ruolo sindacale e di assistenza al lavoratore e telelavoratore si avvereranno importanti. Nuove sfide giuridiche e di contrattazione si presentano e si presenteranno. Penso ad esempio all’obbligo di reperibilità telefonica ma anche al diritto di disconnettersi (dal PC, Smartphone o rete aziendale), alla sicurezza, alla protezioni assicurativa dalle malattie e infortuni professionali e non, se non è chiaro contrattualmente dove sia situato il luogo di lavoro o la percentuale di lavoro da casa e quella in azienda, la protezione dei dati e della personalità del dipendente che utilizza strumenti tecnologici messi a disposizione dal datore di lavoro ma anche per usi privati, la retribuzione degli straordinari e relativa determinazione, la non discriminazione salariale tra chi lavora in azienda e chi telelavora. Buon lavoro SIT.

Matteo Quadranti, gran consigliere