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Aprile 1999 – Oltre Frontiera
“Dopo che la bussola ha rivolto verso l’uomo il suo ago affilato, non più attratto dal cuore amoroso del mondo, il dito segna tra gli arcipelaghi maree di discordia”
(Gilberto Isella, “Discordo”)
L’ente pubblico è entrato da alcuni anni in una fase difficile. Si parla di ingovernabilità, si diagnostica una difficoltà nella messa in opera delle politiche pubbliche, si osserva una perdita di legittimazione delle istituzioni pubbliche e dei mezzi d’azione dello Stato. Eppure l’ente pubblico resta l’istanza presso la quale ci si rivolge con tutti i problemi della società contemporanea. Esso dovrebbe migliorare la sicurezza sociale, ma non aumentare i costi. Dovrebbe lottare contro l’aumento dei prezzi, ma non ledere i diritti fondamentali quali la garanzia della proprietà e la libertà d’industria e di commercio che dovrebbe di contro promuovere mediante sussidi o agevolazioni. Dovrebbe salvaguardare l’ambiente e risolvere il problema dei rifiuti, ma anche qui senza ripercussioni sul singolo portafoglio, e così via. Al capezzale di questo Stato ammalato, sembra vi siano sempre più “medici” con ciascuno la propria ricetta talvolta condivisa dai più, talvolta individuale per non dire “singolare” o “particolare”. Vi sono quelli che spingono per ottenere la deregolamentazione, la privatizzazione, una cura dimagrante insomma. Ve ne sono che auspicano una ristrutturazione, una razionalizzazione maggiore degli impegni, delle competenze dello Stato. E poi vi sono alcuni che pensano di aver scoperto dei nuovi mezzi d’intervento dello Stato meno costosi e coercitivi ma più efficaci. Tra i giuristi si parla di “soft law”, di “leggi morbide” in contrapposizione alle leggi costringenti. Gli economisti hanno immaginato i mercati artificiali, i certificati d’inquinamento, gli stimoli finanziari positivi. Tra tutti questi nuovi mezzi d’intervento si parla da tempo dell’azione statale per il tramite della persuasione e dell’informazione. Sembrerebbe che si sia riscoperta la partecipazione del cittadino alla realizzazione degli obiettivi pubblici.
I mezzi tradizionali
Ma cosa si intende per “mezzo d’azione dell’ente pubblico” ? Il “mezzo” è innanzitutto ciò che serve a raggiungere un obiettivo, uno scopo. Ma esso è anche l’intermediario tra due atti, ciò che lega e mette in rapporto i diversi atti individuali. Esso è il tramite fra e all’interno di sistemi e sotto sistemi. Lo Stato è, ad esempio, caratterizzato dal “mezzo” della legge quale strumento che mette in rapporto le istituzioni ed i cittadini. Il sistema economico è caratterizzato dal denaro il quale è mezzo di scambio di prodotti o servizi tra le parti. La scienza ha il mezzo della ricerca della verità che ci ricongiunge con i misteri dell’universo.
Nel corso dei secoli lo Stato, per raggiungere i suoi obiettivi ha utilizzato in prevalenza tre mezzi tradizionali: quello della violenza prima, del diritto e del denaro poi.
La violenza, la forza hanno permesso a monarchi e dittatori di creare le Nazioni e di mantenere l’ordine e la disciplina al loro interno e ciò nell’interesse di pochi. In seguito il diritto, la legge hanno trasformato la violenza. L’uso arbitrario della violenza e della polizia è stato soppresso nello Stato di diritto nella misura in cui l’uso della forza è stato disciplinato nelle leggi che i cittadini si sono dati democraticamente per la loro stessa tutela. Nel nostro secolo, lo Stato sociale ha visto i suoi giorni ed il denaro ha trasformato la forza ed il diritto nel senso che l’Ente pubblico ha assunto vieppiù un ruolo di responsabilità per il buon funzionamento dell’economia. Per il tramite di sussidi e di imposte sanciti nelle leggi, esso esercita un’influenza in quasi tutti i settori della società moderna e ciò nell’interesse pubblico.
Evidentemente gli sviluppi sono stati ben più complessi di come poc’anzi riassunto e tutti e tre i mezzi a disposizione dell’Ente pubblico hanno subito modifiche e ridimensionamenti pur continuando a coesistere. La polizia e la giustizia continuano a garantire, se del caso con la forza, il rispetto dell’ordine pubblico. Il disoccupato ed il pensionato sanno che il denaro è uno strumento importante per l’Ente pubblico al fine di garantirgli un reddito d’esistenza, così come la riscossione di imposte è uno strumento che, per esempio, ci può permettere di garantire un ambiente di vita più salubre.
I nuovi mezzi
E lo Stato di questa fine di secolo, quello del terzo millennio, che strumento utilizza e utilizzerà per trasformare i mezzi della violenza, del diritto e del denaro ? Qual è il mezzo che da qualche hanno ha già iniziato ha trasformare radicalmente la nostra società ? L’informazione. La comunicazione. I segni di tale trasformazione in seno alla pubblica amministrazione si vedono già da qualche tempo: l’informatizzazione dei servizi statali (la Rete), l’utilizzazione di servizi di pubbliche relazioni a cui fanno capo taluni politici.
Ciononostante è difficile prevedere oggi la forma definitiva che assumerà lo Stato nell’era dell’informazione.
Ma cerchiamo di capire perché l’Ente pubblico ha bisogno di imparare a maneggiare (e pure a tutelarsi da un uso scorretto o spropositato) di questo nuovo mezzo d’intervento.
In primo luogo, lo scopo della maggior parte delle azioni dello Stato è quello di influenzare e modificare il comportamento dei cittadini e delle aziende. Si vuole ad esempio che i figli ricevano un’istruzione moderna ed adeguata, che non si resti inattivi professionalmente, che non si inquini, eccetera. Per fare ciò la pubblica amministrazione utilizza i suoi mezzi d’azione ttadizionali a cui abbiamo accennato sopra, i quali hanno, ciascuno, vantaggi e svantaggi peculiari.
L’informazione è sicuramente il mezzo meno coercitivo, meno costringente, meno imperativo verso il cittadino. La debolezza di tale strumento è il fatto che un annuncio, un comunicato stampa, delle raccomandazioni, delle direttive possono essere ignorate in quanto l’efficacia dell’informazione dipende in larga misura dalla credibilità di cui gode l’ente che la emette, rispettivamente dalla disponibilità di chi la riceve a cambiare il proprio comportamento.
Di contro, la forza dell’informazione sta nella sua capacità di penetrare in quegli ambiti che costituiscono la base del comportamento umano: le opinioni e i sentimenti. Una buona informazione deve quindi partire da politici trasparenti e comunicativi, col supporto di un’amministrazione credibile (amministrazione 2000 ?) affinché, tramite un apparato mediatico (RTSI, TV private, testate giornalistiche) pluralista ed eticamente corretto, possa giungere alla gente in modo convincente e quindi determinante, efficace e meno costoso per rapporto ad altri mezzi burocratici, repressivi. Resta fermo che il tema in questione -l’informazione – deve rimanere nelle mani o quantomeno sotto il controllo del politico che ne determina il contenuto e non viceversa. Il politico non può, anzi non deve, permettersi di essere dominato dal mezzo di comunicazione (radio, televisione, stampa; cfr. a questo proposito, Opinione liberale 21.1.1999, I rapporti controversi tra res publica e res televisiva, articolo di Marika Fovini).
La comunicazione deve tendere ad ottenere un vasto consenso politico-amministrativo (cfr. Emanuele Severino, Il destino della tecnica, Comunicazione della potenza e potenza della comunicazione, Rizzoli, 1998,p.31 ss).
In secondo luogo, la società si fa sempre più complessa. I sotto sistemi dello Stato, dell’economia, dei trasporti, dei media, della scienza, quello socio-sanitario ed altri, diventano sempre più competitivi, specialistici, autonomi e capaci di autogestirsi. Ma al contempo essi dipendono sempre più da un coordinamento tra loro: coordinamento che avviene mediante la comunicazione e lo scambio d’informazioni. Lo Stato quale sistema cappello è responsabile in ultima istanza del buon funzionamento dell’intero meccanismo e pertanto deve in prima linea porsi quale coordinatore in grado di far passare i flussi di informazioni che meglio si adattano al perseguimento dell’interesse pubblico nelle diverse discipline (sinergie).
Ecco perché l’informazione diviene il mezzo privilegiato d’intervento dell’Ente pubblico per il 21° secolo. Ecco perché la Facoltà di comunicazione di Lugano è un’istanza a cui attingere.
Sempre più lo Stato fa capo ai mezzi d’informazione per trasmettere le proprie intenzioni ed i propri obiettivi: portavoce, bollettini d’informazione, periodici, pieghevoli, pubblicità, sondaggi d’opinione.
Delle politiche di interesse pubblico anche corrette nella sostanza o costituenti il minore dei mali, possono facilmente essere avversate dai detrattori interessati o dagli apocalittici (disfattisti-smantellatori) per natura, se l’informazione non avviene in modo compiuto e capillare.
Infine la comunicazione non è solo un mezzo per le informazioni in uscita bensì pure un valido strumento di feedback per verificare l’efficacia delle politiche attuate. L’opinione degli amministrati, dei cittadini deve poter pervenire all’apparato politico-amministrativo affinché attui i correttivi che s’impongono con la dovuta celerità.
Lo Stato e per esso i politici debbono infatti:(1) definire i servizi da fornire al cittadino, (2) erogarli, (3) controllarne la qualità, la quantità, il gradimento, ed infine (4) ridefinirli.
Il politico deve quindi apprendere ad usare gli strumenti della comunicazione senza tuttavia dimenticarsi quelli della politica rappresentativa.