Contattami:
Vogliamo davvero guardarci indietro e pensare “ho comprato un sacco di beni e ho lasciato molta immondizia” (anche morale), oppure “ho cercato di aiutare la mia Terra”? Domanda e risposta sono etiche e devono guidarci nella pratica sin da ora. Noi stiamo rubando alle generazioni future in molti ambiti: ambientali, pensionistici, occupazionali, umani e umanitari … Basti pensare all’allarme profughi e alla dignità dei poveri (di cui anche la Chiesa cattolica si è detta pronta ad adoperarsi, ciò di cui dirò in altra occasione per ragioni di spazio), alle chiusure dell’Occidente immemore dei colonialismo dalle promesse non mantenute, alla paura che oggi abbiamo nell’opinione pubblica – così come plasmatasi negli ultimi 20/30 anni di populismo, nazionalismo, identitarismo – di anche solo affrontare il tema della solidarietà, dell’altruismo, dei diritti dell’uomo. Paura di essere vilipesi pubblicamente su talune testate e tacciati da alcuni politici d’essere lontani dalla propria gente, di non difendere i propri confini e ciò per il semplice fatto che di contro ci si situa ad un livello di esame della realtà sovranazionale, globale, una valutazione storica (non siamo sempre stati dalla parte dei buoni) e basata sulle tendenze in corso e difficilmente arrestabili come il fatto che nel 2050 il nostro Continente sarà occupato per metà da gente che non vi è nata (già oggi in Svizzera il 27% della popolazione non vi è nata, come in Australia; gli USA hanno 40 milioni di stranieri). Il futuro fa paura e immaginarlo è più difficile? In ogni caso non è un motivo per limitarsi al presente e al limite al futuro prossimo. Lo scrittore Sebastiano Vassalli, deceduto quest’anno, in un testo inedito facendo richiamo al suo romanzo “3012”, ci dice che il futuro fino a non molto tempo fa era il luogo dei sogni e delle speranza (templi antichi, letteratura, arte erano scommesse, una volontà di vivere oltre la propria morte) mentre negli ultimi 50 anni abbiamo interiorizzato il mito della fine del mondo in quanto pare siamo, oggi, le prime generazioni di uomini che si stanno abituando a convivere con l’idea che il nostro mondo, quello in cui viviamo, possa finire per causa nostra, per i nostri disastri ambientali e le modifiche all’ecosistema (che peraltro possono essere all’origine di fenomeni migratori non dettati solo da guerre e terrorismi). Gli scenari della fine del mondo cambiano (una volta il timore era la guerra nucleare), ma la perdita del futuro è dentro di noi e noi ne siamo i portatori poiché facciamo sempre più fatica a guardare oltre il presente perché è questo che ci interessa. Dovremmo altresì interrogarci su quale progresso tecnologico vogliamo: quello che finora è nato a scopi militari, di guerra? quello che toglie posti di lavoro senza crearne di nuovi a beneficio di pochi? Quello che vuole prolungare ad ogni costo la nostra vita perché è solo del nostro presente che ci interessa? Fregandocene del futuro, nel non volergli dare una direzione, lo rubiamo ai nostri nipoti e pronipoti. Riusciremo, prima che sia troppo tardi, ad immaginare un altro tipo di progresso che non abbia quale stimolo le guerre e lo sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta? Ciò che ancora tiene assieme noi occidentali è il mito della democrazia che si è indebolito anche perché si fonda su principi di responsabilità politica. Ogni tentativo messo in atto, anche nel nostro piccolo Cantone di creare un forum sulle previsioni per il Ticino che vorremmo lasciare nel 2030/2050 finisce irrimediabilmente in qualche cassetto della politica. È un atto di irresponsabilità inaccettabile. Sfuggire alla responsabilità è prassi diffusa sia nel privato che nel pubblico, dai piccoli gesti quotidiani ai legami sociali dell’agire politico. Si abdica soprattutto là dove le responsabilità aumentano e ciò corrode la comunità che quindi si sgretola. Ragione per cui ognuno pensa solo a sé stesso, al proprio presente. Ma cosa sarebbe il mondo, che non è cominciato con noi, se chi prima di noi si fosse sottratto sempre alle proprie responsabilità? La responsabilità è rispetto sia per gli altri, sia per quell’altro che sono le cose del mondo. Da quando gli esseri umani sono diventati più pericolosi per la natura, di quanto la natura fosse per loro, si rende necessaria un’etica che risponda all’esigenza di lasciare alle generazioni future un pianeta ancora vivibile. Guardando a chi viene dopo di me, dovrei sempre domandarmi se anche il più piccolo dei miei gesti non avrà ricadute su di lui. Proprio quello che non mi riguarda richiede la mia attenzione. Nella mia responsabilità sta la suprema dignità umana. Quindi, toc toc, c’è chi vuol costruire davvero il futuro Ticino?