Fascino e rischi del Pluralismo

4 febbraio 2005 – Opinione Liberale

La breve conferenza sulla società superinformata tenuta qualche tempo fa da Michele Fazioli in occasione di un evento sponsorizzato da un istituto bancario mi fornisce lo spunto per un parallelismo tra l’evoluzione della Comunicazione e quella della Politica.

Per sommi capi, e voluta semplificazione, si può affermare che dalla notte dei tempi e sin verso la seconda metà dell’Ottocento l’informazione è circolata tra gli uomini in due modi: via terra (via ruota o a cavallo) e via mare (via vela). Sino a quell’epoca il sistema politico è pure stato caratterizzato fondamentalmente da un bipolarismo: aristocrazia-popolo; borghesia – proletariato; conservatori / cattolici – liberali / laici. Negli ultimi cento anni l’evoluzione ha avuto una vera e propria accelerazione. Dapprima l’informazione ha iniziato a circolare grazie alle invenzioni del telegrafo, del telefono e della radio e sulla scena politica si assisteva alla nascita di un sistema fondamentalmente tripolare con la comparsa dell’ideologia socialista.

A ciò hanno fatto poi seguito, in pochi decenni, le invenzioni di aereo, televisione, satelliti, computer e internet mentre nel capo politico si è giunti man mano ad un sistema pluralista con conservatori, liberali, socialisti, comunisti, ecologisti, populisti,…

Queste evoluzioni parallele – le quali si sono influenzate vicendevolmente – hanno senz’altro il vantaggio di aver reso più democratica la Conoscenza e la Politica intesa come gestione della cosa pubblica. Oggi siamo molto più informati e lo siamo quasi sempre in contemporanea. V’è quindi un maggior confronto di idee e opinioni. È senz’altro un fattore di libertà che “teoricamente” dovrebbe evitare manipolazioni e “garantire” un maggior controllo di veridicità dell’informazione e di correttezza dell’agire politico. Se non che le controindicazioni non mancano.

Nei Media come nei Partiti nascono eccessi dettati dalle necessità della concorrenza: la ricerca di più audience e lettori da una parte, e di più voti e elettori dall’altra, porta anche alla nascita di giornali scandalistici – con i loro attacchi alla sfera privata – e della “TV spazzatura” così come in ambito politico compaiono argomenti superficiali e demagogici che cavalcano l’onda emotiva della gente e attacchi personali più che sui contenuti della politica. La politica strumentalizza l’informazione e l’informazione – non per nulla definita anche il quarto potere – condiziona la politica e i politici. In genere – e quindi con le dovute eccezioni – credo si possa affermare che v’è nei due ambiti, un livellamento verso il basso della qualità alla ricerca invece della quantità. Ci troviamo oggi in una società iperinformata e iperpoliticizzata. Il risultato è un effetto saturazione: il lettore – telespettatore è bombardato da una massa di informazioni eterogenee di cui conserva un ricordo di breve durata rimuovendolo il giorno successivo allorquando gli giungono nuovi imput e il cittadino che vive i problemi del quotidiano ne vede la risoluzione – se la vede – solo a lungo termine poiché il pluralismo richiede la ricerca di un consenso il quale, quando è possibile, avviene magari troppo tardi o a costo di enormi compromessi. Il fruitore dell’informazione la recepisce con sempre maggiore superficialità, banalizzando il contenuto. Il cittadino mostra disaffezione alla politica, sfiduciandola. A fronte di un tale rischio di cortocircuito vi sono degli accorgimenti da adottare.

Come suggerisce Fazioli, in ambito giornalistico si tratta di puntare su un approccio più deontologico alla realtà da comunicare per mettere ordine ai giudizi che accompagnano la notizia. Analoga riflessione va portata avanti in ambito politico affinché l’etica torni ad essere pagante.

V’è la necessità di gestire l’attualità della notizia e della politica in modo semplice, chiaro e trasparente senza cadere nella superficialità e nella banalizzazione; di deattualizzare per inserire l’attualità in un contesto più profondo guardando alle radici del problema specifico, ai valori e agli ideali che possono condurre alla sua risoluzione in una prognosi futura e di lungo respiro così da recuperare l’attenzione e la fiducia del fruitore dell’informazione e del cittadino.

Forse – con le debite cautele – seguendo un modo di dire popolare, ovvero “ si stava meglio quando si stava peggio” e pensando al passato ma anche al futuro, qualche correttivo al pluralismo andrebbe attuato. In ambito politico, l’elettorato pare mandare sempre più spesso segnali mirati ad un desiderio di ritorno a una bipolarizzazione che potrebbe essere soddisfatto con un sistema maggioritario o con delle piattaforme comuni tra partiti. Anche nel campo dei media v’è da sperare che torni a prevalere la qualità di pochi alla banalità di molti.

Anche questo mi pare sia realismo liberale.