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23 settembre 2011 – Corriere del Ticino
La biologia cos’ha a che vedere con l’economia e la politica? Ce lo indica il biologo ed etologo Frans de Waal con alcune osservazioni sferzanti. Accecati dall’ideologia, troppi politici e economisti vedono solo la competizione rifacendosi alle teorie dell’evoluzione genetica. Se non che il libro della natura è come la Bibbia, ognuno ci legge quello che vuole. Per de Waal, i conservatori americani non credono nella teoria darwiniana ma nel darwinismo sociale che non assiste né i malati né i deboli poiché per natura devono cavarsela da soli o perire. Complimenti! Il senatore dell’Arizona, Jon Kyl, ha votato contro la sanità gratuita per le partorienti. La sua motivazione? Lui non ne ha mai avuto bisogno. Complimenti! Il direttore generale della Enron (probabilmente superpagato), oggi in carcere, gestiva il capitale umano con la logica del “gene egoista”. Convinto che la specie umana fosse mossa dalla paura e dall’avidità (e travisando le teorie di Adam Smith), aveva prodotto dipendenti spaventati e avidi pronti a sgozzarsi tra loro, in un clima di disonesta all’interno e all’esterno dell’azienda al punto da far implodere la multinazionale che dirigeva. Complimenti! Il biologo ci ricorda che l’affermazione secondo cui “l’uomo è lupo per l’uomo” (T. Hobbes) è discutibile per quanto riguarda la nostra specie: se l’evoluzione può essere spietata, l’esito non dev’esserlo per forza e comunque non va incoraggiato o raccomandato. Molti primati (ad es. gli scimpanzè, a noi simili per il 98% del patrimonio genetico) sopravvivono perché sono sociali, restano uniti e si aiutano tra loro consapevoli che il più forte ha bisogno del più debole. Pur padroneggiando la tecnica, la nostra psicologia rimane quella di un primate sociale. De Waal conclude chiedendosi come mai alcuni credono che la natura sia spietata allorquando abbiamo tante prove del contrario. Chi pensa che la vita sia una competizione e la sopravvivenza del forte a spese del debole un bene, adotta un darwinismo di cartapesta e ritiene l’evoluzione quasi un dono celeste. Il presidente di Goldman Sachs, una delle più grandi fabbriche di denaro al mondo, ha dichiarato di recente di star facendo “il lavoro di Dio”. Complimenti, speriamo che certe interpretazioni restino nel Far West! Tendiamo a pensare che l’economia sia rimasta vittima di rischi dissennati, dell’assenza di regolamentazione, della bolla del mercato edilizio, ma il problema è più profondo. La cattiva biologia ha portato a una rozza semplificazione della natura umana. La confusione su come opera la selezione naturale e sul tipo di creature che ha prodotto ha fatto negare tutto ciò che ci lega. Il monito conclusivo di de Waal agli economisti è quello che vadano a rileggersi Adam Smith, il quale considerava la società come un enorme macchina dagli ingranaggi oliati dalla virtù e inceppata dal vizio. L’onestà, la moralità, l’empatia e la giustizia erano compagni indispensabili della mano invisibile del mercato e noi, specie sociale, eravamo nati in una comunità e con delle responsabilità nei suoi confronti. La selezione naturale ha progettato un cervello che ci mette in sintonia con gli altri: ci fa provare pena per la loro pena, piacere per il loro piacere. Se dovessimo soltanto sfruttarli e sconfiggerli, l’evoluzione non avrebbe mai tirato fuori l’empatia. Ma lo ha fatto e conviene che le élite politiche e economiche se ne accorgano presto, almeno quelle europee.
Avv. Matteo Quadranti, Gran consigliere PLR