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13 marzo 2007 – Giornale del Popolo
La cultura della legalità è fondamentale per ogni comunità sociale che si vuol definire democratica e civile. Esiste oggi una forte domanda di legalità derivante da un bisogno di sicurezza individuale e sociale. La cittadinanza chiede quindi alle istituzioni di garantire tale sicurezza e fungere soprattutto da esempio nel rispetto della legalità. Vi è infatti un diritto alla legalità (quello di ottenere dagli altri il rispetto delle norme sociali) ma anche un dovere di legalità (quello di rispettare le regole di convivenza sociale, etica e del mercato). La legalità è tanto più praticata dai cittadini quanto più forte è in essi il senso della legalità, inteso come riconoscimento del valore delle norme e l’adesione spontanea alle stesse, indipendentemente dalle sanzioni minacciate. Purtroppo, guardando alle numerose indagini giudiziarie e amministrative degli ultimi anni, nel settore pubblico o in quello degli affari economico-finanziari, sportivi, ecc… sembra che un tale senso della legalità nella società di oggi sia quantomeno in pericolo se non insufficiente anche nella nostra realtà locale. Si constata in generale una caduta del-l’etica, pubblica e privata, che è all’origine della caduta di legalità. La magistratura repressiva degli atti illegali è solo una componente del controllo sociale. Devono funzionare anche i controlli politici e amministrativi. Ma soprattutto si deve evitare che i cattivi esempi facciano decadere o abbassare la soglia del senso di rispetto della legalità da parte della maggior parte dei cittadini onesti. I giudici non possono nulla se, come scriveva Tocqueville, il popolo “disprezza la legge”. Una cultura dell’illegalità diffusa è lontana dai valori dell’etica pubblica e della solidarietà sociale. Minimizzare il problema è pertanto assai nocivo per il rispetto spontaneo delle norme poiché vi è il rischio di assuefarsi o rassegnarsi all’impunità. La menzogna, la corruzione, la falsità, la disonestà, l’abuso, la frode, il raggiro arrischiano di diventare comportamenti comuni che non destano più riprovazione morale e sociale, anzi potrebbero ingenerare imitazione o quantomeno indifferenza o complice silenzio. Da Tangentopoli in poi, spesso la difesa di chi è venuto meno al rispetto della legalità nel settore pubblico e privato è quella di voler far passare per lecito l’illecito solo perché un determinato comportamento illegale è stato praticato anche da altri o è più generalmente diffuso. È giunto il momento che la parte sana della società, che ancora crede nelle istituzioni e nel rispetto delle regole, reagisca. Si tratta in fondo di far capo al senso comune di ciò che è giusto e di ciò che non lo è.
Una profonda opera di educazione alla legalità dev’essere diretta agli adulti – tramite l’esempio da parte di chi riveste cariche pubbliche e private di rilievo – e soprattutto ai giovani che rappresentano il futuro della nostra società. Scuola e famiglie sembrano in affanno nel tramandare certi valori e principi e ciò in nome di un malinteso senso di libertà che induce i giovani a rifiutare vincoli e legami facendosi attrarre da comportamenti dettati da nuove mode, nuove ideologie e nuovi miti. Occorre tramandare ai giovani quelli che sono i veri valori della vita, che non si identificano con il denaro, il potere, la posizione sociale e il successo a tutti i costi. La cultura della legalità è un tema, tra etica e diritto, che ci riguarda tutti e a cui dobbiamo lavorare quotidianamente.