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15 marzo 2011 – La Regione
Il terzo millennio è iniziato con cambiamenti epocali che stanno trasformando il mondo: possiamo pensare di fermare il cammino della Storia con un muro? Io credo di no, anzi sono convinto che pensare di isolarci costruendo una barriera fisica sia un errore che costerà caro a noi e ai nostri figli. I muri storicamente fanno parte della filosofia del male e molto spesso si trasformano in prigioni. Perché i muri non risolvono i problemi, ma li spostano solo nel tempo. Perché i muri alla fine sono destinati a cadere lasciando sul campo macerie.
Invece di muri dovremmo investire nell’educazione umanistica dei nostri cittadini, sia per compensare la formazione tecnico-specialistica sempre più richiesta dal mondo del lavoro, sia per creare un profondo e radicato senso di cittadinanza, per riuscire a convivere meglio nella nostra società, oggi sempre più multietnica. Giorno dopo giorno, se si resta rattrappiti nella difesa delle proprie specificità sarà più difficile coabitare senza una cultura aperta all’altro, critica ma anche tollerante. Avere cultura significa sapere che questa non è una “visione del presente” ma è piuttosto una “riflessione verso il futuro”; significa liberare la mente dalle catene dell’abitudine e della tradizione per diventare buoni cittadini e costruire insieme una società migliore.
Oggi essere un buon cittadino vuole dire anche acquisire molte informazioni e saper padroneggiare le tecniche di ragionamento se non si vuole che la democrazia si estingua. Se i cittadini non sono pienamente consapevoli della realtà che li circonda, il voto avviene su base emotiva, di pancia, si vota come si tifa per le squadre di calcio. Invece, per migliorare la nostra società abbiamo bisogno di persone che scelgano con la propria testa, evitando il menefreghismo e la delega in bianco, oltrepassando l’angusta fedeltà al gruppo per interessarsi anche alle realtà di esistenze più lontane. Non dobbiamo pensarci solo come ticinesi o svizzeri ma soprattutto come esseri umani. Impariamo ad immaginarci anche nei panni e nella storia di un emigrante, sia di quelli ticinesi di un tempo sia di quelli oggi in fuga dai loro paesi.
Chi oggi, di fronte all’immigrato, allo straniero vorrebbe ergere muri in difesa della propria identità e della propria fede tradizionale che, per noi ticinesi, è soprattutto quella cattolica, dovrebbe rammentare che Abramo fu uno straniero migrato, che il piccolo Gesù e la sua famiglia furono dei profughi in fuga per salvare la loro vita. “Ero straniero e mi avete accolto” è il monito di Cristo ai suoi discepoli (Matteo, 25,35).
Quindi ai politici che vogliono difendere l’identità ticinese chiedo più coerenza e più cultura umanistica per costruire non un muro ma un vero senso di cittadinanza per il Ticino del terzo millennio.
Avv. Matteo Quadranti, candidato PLR al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio.