Convinzioni dubitative

28 ottobre 2011 – Opinione Liberale, Rubrica Ballate Maltesi

“Io sono un credente, signore, afflitto dal dubbio che Dio non esista”. ”Io, peggio. Sono un ateo, afflitto dal dubbio che Dio, invece, esista realmente”. È una “Tragedia in due battute” scritta da Achille Campanile, che, ridendo e scherzando, ci dice che la fede – qualsiasi fede, religiosa o politica – può, anzi deve, convivere col dubbio, altrimenti può trasformarsi in pericoloso fondamentalismo. Anche il dubbio però, strumento critico indispensabile per individui e istituzioni, se diventa eccessivo può portare alla paralisi. Questa è la lezione di un bel saggio dal titolo “Elogio del dubbio. Come avere convinzioni senza diventare fanatici” (Peter L. Berger e Anton J. Zijderveld, edizioni Il Mulino). Di fronte alla rinascita di potenti movimenti religiosi come l’islamismo, il protestantesimo pentecostale, le varie sette, compagnie e comunità, e constatate le difficoltà dei processi di secolarizzazione, non resta, secondo gli autori, che sperare nella pluralizzazione, ovvero nella capacità delle società moderne di far convivere gruppi umani differenti in una condizione di tolleranza, pace civile e interazione reciproca. In un articolo apparso il 9 ottobre sul Corriere della Sera, Tony Blair, già primo ministro britannico, laburista, scrive: “Come la laicità abbia a che fare con la partecipazione delle persone di fede nel dibattito pubblico, nella società civile, nella religione e nella relazione con lo Stato, sta diventando rapidamente una questione politica chiave per l’Europa di oggi. Abbiamo visto molti modi, legittimi e illegittimi, con cui le religioni influenzano il dibattito politico. Ma cosa significa per una democrazia essere “amica della religione” e come possono i governi democratici salvaguardare i diritti delle minoranze religiose? Creare una cultura di dialogo, rispetto e comprensione per le altre fedi non è un optional. Se la fede è importante in un mondo globalizzato, quali sono i valori e le virtù richieste alle persone per sostenere il pluralismo politico e religioso delle nazioni democratiche del 21. secolo? E di quale educazione hanno bisogno i nostri giovani per essere pronti a vivere in questo mondo multi-etnico, religioso, culturale?”. Mentre molti teologi cristiani di oggi si spingono a parlare di necessità di una nuova evangelizzazione dell’Europa, ho trovato interessante l’intervista al filosofo e teologo Vito Mancuso apparsa il 30 settembre 2011 su Ticinosette. Se quest’ultimo parla comunque della necessità di una riscoperta del messaggio originario di Cristo, dall’altro lato egli sostiene anche la necessità dei credenti di assumersi in prima persona le proprie responsabilità e di non accettare passivamente dogmi, indicazioni di fede, regole che riguardano la vita religiosa e la vita in genere anche quando queste vengono dalle gerarchie ecclesiastiche. Un invito pressante affinché il cristianesimo si riscopra, riscopra i propri valori (che spesso sono, nell’essenza, quelli dell’etica filosofica. Non uccidere o rispetta l’altro, sono comandamenti religiosi quanto principi etici laici), per tornare a stare al passo con la modernità. Mancuso denuncia il fatto che in ambito cattolico vi siano oggi maggioranze tradizionaliste, verosimilmente dovute alla paura delle altre fedi, e questo soprattutto in Europa. Tale atteggiamento denota paura di perdita d’identità, o di potere, tanto che Mancuso pone l’interrogativo, lasciato aperto, a sapere se essere cattolici oggi non sia diventato una delle tante lobby di questo mondo. Se non che questo teologo ricorda che il cristianesimo, a differenza di altre religioni che coltivano l’isolamento, che negano il mondo esterno, è per definizione l’incarnazione del mondo, è comunione, comprensione, dialogo e accettazione dell’Altro. Quanti cattolici, o meglio presunti difensori dell’identità cattolica, oggi se lo sono dimenticati? Vi pare cristiano chi fa ad esempio politica diffamando, offendendo e denigrando chi non la pensa come lui? Vi pare coerente che malgrado ciò si elevi a difensore dell’identità cristiana del Ticino e della Svizzera? Vi sono malattie dello spirito, e tra queste vi è quella del nostro tempo: la sfiducia rispetto a sé stessi, che ci porta alla paura, all’insicurezza verso ciò che è Altro, Nuovo, Diverso e quindi alla chiusura, alla conservazione del nostro orticello e/o all’affidarsi, senza dubitare, a chi ci propina dogmi, certezze, soluzioni facili, ricompense o tornaconti. I fondamentalismi, religioso o politici che siano, optano per un atteggiamento cognitivamente difensivo nei confronti del dubbio. Essi paventano solo verità e certezze. Questo lo fanno oggi i populismi di ogni stampo. Riducono la complessità del mondo a semplificazioni tanto allettanti quanto irrealistiche. E noi del PLR, dove ci posizioniamo? Noi che siamo nati col sorgere della scienza moderna che ha portato con sé l’affermarsi di valori universali come la razionalità, il rigore logico, la controllabilità delle asserzioni e il metodo di rimettere sempre in discussione i dati acquisiti sulla base delle esperienze e dell’evoluzione delle conoscenze; noi che con questo metodo abbiamo contribuito a disegnare le istituzioni democratiche, siamo forse stati colti anche noi da una nostra malattia dello spirito? Abbiamo forse sfiducia rispetto a noi stessi? A furia di dubitare siamo nella paralisi? Credo di no. Semplicemente dobbiamo ripartire dall’educazione, dall’insegnamento, nella scuola pubblica e nella società, dei valori del rispetto, dell’umanesimo, dello spirito critico, del dialogo pacato e di ciò che servirà ai nostri figli per vivere in un mondo che volenti o nolenti non sarà Ticinocentrico. Tornando all’ateo e al credente da cui siamo partiti, hanno anche loro, seppur agli opposti, qualche possibilità di relazionarsi e costruire qualcosa assieme? Beh, hanno solo un modo per evitarlo: non dialogare tra loro. Ma non è questa la strada, credo, che una persona ragionevole vorrebbe intraprendere. Vero è che è difficile dialogare con chi ad ogni pié sospinto spara verità assolute, le sue però!
Concludo con uno mio “spillo”: credo che qualcuno che pensa di saperla lunga, mi ha detto che parlare di laicismo è questione ottocentesca. Ebbene, a quanto pare sono in buona compagnia nel credere che la questione dei rapporti tra laicismo e religioni, tra dogma e libero arbitrio, siano tra i temi chiave del nostro futuro.

Matteo Quadranti, Gran Consigliere PLR