UTOPIE VS/ RETROTOPIE E DISTOPIE

Abbiamo invertito la rotta e navighiamo a ritroso. Trascorsi 500 anni dal libro “Utopia” di Tommaso Moro, una idea che bene o male ha dato sempre impulso per guardare al futuro come luogo in cui poter almeno immaginare un mondo ideale di felicità compiuta, il famoso sociologo Zygmunt Bauman scriveva nel 2016 l’ultimo suo libro uscito postumo dal titolo “Retrotopia”. Il futuro è finito alla gogna e il passato è stato rivalutato, a torto o a ragione, come spazio in cui le speranze non sono ancora screditate. La direzione del pendolo della mentalità e degli atteggiamenti pubblici è cambiata: le speranze di miglioramento, che erano state riposte nel futuro sono state nuovamente reimpiegate nel vago ricordo di un passato apprezzato per la sua presunta stabilità e affidabilità. Con un simile dietrofront il futuro si trasforma in sede di incubi. Il cammino verso il passato pare trasformarsi in un itinerario di purificazione. Ma salvo credere al mito dell’eterno ritorno, il passato non torna mai uguale. Se si pensa ai drammi del secolo scorso e ai millenni di guerre intestine, di religione, alle diseguaglianze tra Occidente e resto del mondo, tra dignitari/élite e gente comune quando non servi, non c’è da star sereni pensando al passato. Poi ci sono le distopie – di cui abbiamo ottimi esempi letterari come “1984” di Orwell, quello del Grande Fratello che controlla tutti, “Fahrenheit 451” di Bradbury, quello dove i libri vanno bruciati – le quali non solo non vedono un ritorno ad un passato ma nemmeno ad un futuro migliori bensì immaginano un futuro negativo, sgradevole e non auspicabile in alcun modo. Nel libro “Metamorfosi”, Kafka narra la vicenda del protagonista Gregor Samsa che si trasforma in insetto: è un’articolata metafora che vuole anche denunciare l’oppressione delle regole sociali sull’individuo, che viene schiacciato dalle imposizioni esterne. In breve, un individuo privato di fatto della sua libertà da parte di poteri superiori, esterni e apparentemente tanto grandi e globali da risultare inespugnabili e immodificabili (si pensi al tema dei Big Data, della sicurezza che limita le nostre libertà). Le metafore tra uomo e natura sono molteplici. Le specie viventi cambiano l’ambiente, che poi cambia loro. Le specie continueranno a evolversi. In realtà è l’evoluzione che deve vedersela con un fattore che complica le cose: noi. La Terra nei milioni di anni di esistenza è da poco che ha a che fare con l’umanità. Abbiamo trasformato il clima è inquinato spaventosamente. Estinto innumerevoli specie e molte risorse naturali. Siamo il problema più grande del Pianeta e vi è da sperare che il cervellone che ci portiamo dietro ci consenta di trovare il modo di viverlo e non di distruggerlo estinguendo noi stessi. Se non che l’uomo ha sempre studiato e osservato la natura da cui ha tratto insegnamenti, riprodotto meccanismi, leggi fisiche e sociali. Orbene in natura vi sono però anche le mosche mangiateste, le vespe endoparassita e le formiche zombie[1]: la prima inserisce chirurgicamente i suoi piccoli nelle formiche vive: qui le larve raggiungono poi il cervello della formica controllandone la mente e portandola fuori dalla colonia e nel habitat ideale dove, dopo aver rilasciato una sostanza chimica che staccherà la testa della formica, se ne stanno al calduccio fino alla fase di sviluppo che le consentirà di uscire una volta divenuta mosca; la seconda inietta le proprie uova nei bruchi vivi e dopo che le larve si sono nutrite dei loro fluidi corporei ne controllano la mente per proteggersi come se fosse una guardia del corpo; la terza, anomala, in realtà è la vittima di un fungo intelligente che invade il cervello della formica, ne prende il controllo guidandola tra gli alberi in un luogo particolare dove ordina alla formica zombie di mordere un punto sotto una determinata foglia e poi la uccide. Il fungo allora spunta dalla testa e innaffia di spore gli insetti più in basso, ricominciando così il proprio ciclo riproduttivo. Imparando dalla natura e potendo come esseri umani modificare lo stato delle cose, non sarebbe cattiva cosa preservare le nostre libertà e la nostra privacy evitando di farci controllare le menti da pochi poteri forti, vicini e lontani, economici e politici. E forse si potrà riscrivere un’utopia nuova.

 

Matteo Quadranti, deputato

[1] Matt Simon, La vespa che fece il lavaggio del cervello al bruco, RaffaelloCortinaEditore, 2017