Spazio e Tempo

24 settembre 2010 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi

Le possibilità non sono infinite. Solo le impossibilità.

“C’è chi ritiene, o re Gelone, che il numero dei granelli di sabbia sia infinito, e non parlo solo della sabbia che trovo sulle spiagge nei dintorni di Siracusa, o nel resto della Sicilia, ma penso alla sabbia che si trova in qualsivoglia regione del mondo, abitata o disabitata che sia”. Questo è l’incipit di un trattatello (“L’Arenario”) di Archimede (ca.287-212 a.C) , nel quale il noto matematico e fisico intende indicare che esiste un numero che è maggiore non solo di quello dei granelli di sabbia con i quali si potrebbe riempire il volume della Terra, ma addirittura il volume dell’Universo (non quello che si immaginava, con la Terra al centro e delimitato dalla sfera delle stelle fisse, ma già inteso come lo immaginava Aristarco di Samo, ovvero quello col Sole al centro e la Terra a muoversi su una circonferenza). Archimede riteneva che sarebbe esistito sempre un numero più grande di quello dei granelli necessari a riempire uno Spazio immenso come l’universo.

Questo è uno dei tanti esempi da cui poter partire per riflettere sulla storia dell’uomo e la sua volontà di scoperta dell’infinito, dello Spazio e del Tempo. Il regno del possibile ha dei limiti. I granelli di una manciata di sabbia si possono contare. Rientra nei confini del possibile. Qualcuno però scrisse che “L’uomo ha conquistato lo Spazio, ma non il Tempo”.

Da sempre l’uomo sogna di poter viaggiare non solo nello spazio ma anche nel tempo. Lo testimoniano – quasi come spesso è accaduto prim’ancora della scienza di Einstein – anche diversi libri quali ad esempio “La macchina del tempo” di Herbert George Wells (1885), o “Un americano alla corte di re Artù” di Mark Twain (1989) – da cui sono state tratte anche versioni cinematografiche, o,ancora più recentemente, tra sicuramente altri, “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” di Audrey Niffenegger (2003) o “Timeline” di Michael Cricthon. In ambito strettamente cinematografico basti poi citare ad esempio il famoso film hollywoodiano “Ritorno al futuro” o il pure celebre “Non ci resta che piangere” (1985) con Troisi e Benigni.

Anche nella nostra piccola realtà cantonale vi sono poi alcune manifestazioni dove ad esempio il cittadino, non potendo ancora viaggiare davvero nel tempo, viene “portato” a vivere, seppur restando nel presente, all’interno di una ricostruzione storica. Penso ad esempio a “La spada nella rocca” ai Castelli di Bellinzona.

Orbene, pare che la scienza di recente abbia fatto passi avanti ed abbia trovato, tramite la chiave della fisica quantistica, un possibile accesso alla porta del “Tempo”. Pare infatti che Seth Lloyd del MIT di Boston, alla guida di un gruppo di studiosi internazionali, abbia dimostrato, con una sofisticata ma corretta spiegazione, come in effetti un viaggio a ritroso nel tempo sarebbe affrontabile. Egli parte dal “teletrasporto” (noto agli appassionati della saga di “Star Trek” dove le persone sono trasferite da un luogo all’altro istantaneamente) e dalla meccanica quantistica. Di transenna pare che in laboratorio qualche fotone sia già stato teletrasportato. La novità consisterebbe nell’ ”effetto di post-selezione” che evidenzierebbe la possibilità di scavare un tunnel dal futuro al passato, invertendo, se ben ho inteso, il processo di teletrasporto quantistico, ovvero quella possibilità di trasferire parte di un’informazione (o piccole particelle elementari di cui, in fondo, anche noi uomini siamo fatti) a velocità superiori a quella della luce.

Non è necessario per quanto voglio dire qui comprendere il dettaglio scientifico, che evidentemente richiederebbe alte conoscenze specifiche.

In realtà la questione che voglio sollevare è ancora quella “filosofica” del “paradosso del nonno”. Già il grande logico Kurt Gödel teorizzò uno strano universo in cui erano possibili traiettorie ad anello e i viaggiatori “nel tempo” avrebbero potuto incontrare se stessi da giovani. Come sostennero tanto Albert Einstein quanto Enrico Fermi, la domanda nasce spontanea: “ma se i passaggi sono possibili, perché i curiosi provenienti dal futuro non sono già qui?”. E il paradosso del nonno, secondo il quale si immagina di tornare nel passato e di uccidere il nonno e ciò, appunto, è paradossale perché impedirebbe la nascita dell’assassino, sarebbe pure aggirato con questa nuova teoria? E alla fine avremo più vantaggi o più rischi da un viaggio a ritroso o in avanti nel tempo?

Ad esempio, Hank, il protagonista di “Un americano alla corte di re Artù” utilizza le proprie conoscenze tecniche e la propria intraprendenza yankee per farsi strada nella società superstiziosa, brutale e ottusa in cui era capitato, ma alla fine diventa vittima dei lati più oscuri della sua stessa mentalità moderna. Nella mitologia giapponese il pescatore Urashima Taro riesce a trasferirsi nel futuro; in quella irlandese lo stesso fa l’eroe Finn McCool. Ma per entrambi c’è una clausola: il primo non dovrà aprire una scatola magica e il secondo non dovrà scendere dal suo cavallo incantato. Entrambi trasgrediscono e si ritrovano invecchiati e ridotti in polvere e ossa.

In due delle 39 storie filosofiche del libro “Semplicità insormontabili” di Roberto Casati e Achille Varzi (Laterza, 2004), peraltro alcune messe in scena ad agosto di quest’anno in quel di New York, si affronta il tema.

La prima, “ Di un progetto inutile”, è uno scambio epistolare tra un Centro di ricerca e una Commissione esaminatrice avente per scopo l’ottenimento di finanziamenti per il progetto la realizzazione della Macchina del Tempo. Il Centro di ricerca indica i vantaggi di un tale progetto: mandare intere scolaresche a osservare da vicino la Rivoluzione francese, safari paleontologici, risparmi nella produzione di colossal cinematografici, analisi degli errori del passato, soluzione dei grandi enigmi della storia. La commissione obietta scrivendo “Come mai il passato a noi noto è comunque pieno di tutte le brutture che conosciamo?Come mai se ci andrete non siete intervenuti? O l’assenza di risultati concreti dimostra che non riuscirete mai a costruire la macchina, oppure che non la costruirete a fin di bene. In un caso è la logica a suggerire di non finanziarvi, nell’altro è l’etica. Il Centro ricerca replica asserendo che l’ipotesi di visitare il passato non consente tuttavia di modificarlo. In duplica la Commissione esaminatrice ribadisce l’assenza di valore del progetto poiché “Se chi andrà nel passato vi è già stato, e se ciò che fara è ciò che ha già fatto (ndr. non potendo modificare il passato), a che pro investire in una macchina del tempo?”

La seconda, “L’artista da giovane”, racconta di un giovane Z. che riceve un visitatore (studioso) dal futuro che lo viene ad intervistare poiché Z. è ritenuto, nel futuro, uno dei massimi poeti della storia di cui però non si sa come mai fino ai 20 anni abbia vissuto di espedienti e scarse qualità e all’improvviso siano esplose le sue capacità poetiche. Orbene, il visitatore dal futuro, che aveva poco tempo a disposizione, nella premura di andarsene, dimentica a casa di Z. una borsa contenente “Le Opere complete del grande poeta Z.”. Dal quel momento, Z. inizia stupito a leggere le stupende poesie ch’egli avrebbe scritto in un suo futuro, e inizia a semplicemente ricopiarle.

Dialogo tra Clare, moglie dell’uomo (Henry) che viaggiava nel tempo:

Clare: “A volte tu mi dici qualche cosa e io ho l’impressione che il futuro sia già qui, capisci? Come se il mio futuro fosse accaduto nel passato e io non ci potessi fare più niente.”

Henry: “Se tu ti senti intrappolata all’idea che il futuro non sia modificabile, immagina come mi sento io che combatto continuamente contro il fatto di non poter cambiare niente anche se sono presente mentre succede”.

In conclusione: se l’uomo non ha sempre saputo essere all’altezza delle migliori intenzioni nella conquista dello Spazio (terrestre e oltre), nelle sua varie componenti, saprà esserlo forse nella conquista eventuale del Tempo? Come pare dica un motto veneziano: “Com’era, dov’era”. Lasciamo il Tempo passato là dov’è, com’è!