Secessione, ratti e gatti. Ma ho ”kapito” bene?

24 Dicembre 2010 – Corriere del Ticino

Secondo alcuni pare che il Ticino del futuro debba iniziare con la secessione del Cantone dal resto della Confederazione, o della Berna federale che nulla capisce (salvo il buon Maurer in gita elettoralistica), e finire con la chiusura delle frontiere a Sud, in particolare ai frontalieri e altri stranieri. Si passa dalle minacce dei blocchi dell’autostrada al Gottardo alle minacce verso i “taglian-ratt”. Pare che solo così facendo il Ticino e i ticinesi avrebbero la garanzia di vivere in un “triangolo d’oro” all’interno dell’Europa, se non addirittura del Mondo. Se volessimo illuderci che il Ticino sia paragonabile a situazioni come Singapore, o la vecchia Hong Kong, per non menzionare il principato di Monaco, forse la soluzione potrebbe apparire allettante. Se non che la realtà é un’altra. Il Ticino dipende molto – vogliamo dire anche troppo, va bene diciamolo pure – e per molte ragioni, dal resto dell’economia e della finanza tanto Svizzera quanto estera per poter credere di vivere in autarchia. Pensano davvero queste forze politiche che il Ticino potrebbe sopravvivere oggi e nel prossimo futuro, facendo a meno di relazioni col resto del Paese e dell’UE? Sono quest’ultime convinte che il nostro Cantone sia talmente forte da poter essere indipendente e autosufficiente con le sole forze proprie e indigene? Pensano onestamente di poter dire e garantire al cittadino, il pieno impiego chiudendoci nel “ridotto ticinese”? Credono che minacciando secessioni, blocchi e lavoro frontaliere, avremo la forza imprenditoriale di garantire benessere, posti di lavoro e commercio per tutti noi?

Io credo che questi proclami e queste minacce, seppur d’impatto immediato, omettono di considerare che in questo modo, in realtà, il Ticino perde e continuerà a perdere, da un lato, di credibilità verso il resto della Confederazione, con effetti contrari, se non perversi, e dall’altro lato, verranno bellamente ignorati dalle autorità italiane, soprattutto col governo attuale della vicina penisola. Quanti posti di lavoro ticinesi dipendono da banche, assicurazioni, aziende che hanno i propri centri decisionali e di potere nel resto della Svizzera? Quanti sono i capitali e gli imprenditori italiani, che grazie al nostro Stato forte, efficiente, fiscalmente sostenibile e vicino alla realtà imprenditoriale, scelgono e potrebbero ancora scegliere il Ticino per creare aziende e posti di lavoro? Infine, quante realtà aziendali puramente e integralmente ticinesi potrebbero sopravvivere senza relazioni internazionali e in particolare con l’UE?

Certo l’ipotesi di chiusura del tunnel del San Gottardo è da scongiurare con tutti i mezzi, ma non con minacce e proclami, di fatto, ridicoli e irrealistici. Certo la sicurezza e il rispetto della reciprocità negli accordi bilaterali, vanno pretesi. Ma tutto questo non è credibile e tanto meno efficace con campagne stampa o cartellonistiche quali quelle a cui si vorrebbe che ci abituassimo. L’assuefazione, di qualsiasi tipo, non solo non porta a nulla, ma è insana. Pertanto dobbiamo ribellarci a questo tentativo di ridurre il cittadino ticinese a consumatore di slogan ad effetto (qualunque sia, anche perverso). Né va della libertà e del futuro di questo Cantone, della serietà con la quale il cittadino s’aspetta che il politico, o meglio lo statista, rifletta ai suoi problemi, per i quali ha bisogno di soluzioni concrete, praticabili, sostenute da persone o forze che godono di credibilità anche al di là dei nostri confini. Altro che “ ronfa i gatt”. Qui siamo ben svegli e vigili. Peccato dover perder tempo a combattere contro affermazioni populiste quando il sistema-paese Ticino ha bisogno di ben altre riforme strutturali e di mentalità. Se vogliamo rendere più attrattivo, indipendente e forte questo Cantone sulla scena almeno macroregionale, allora le sfide non si vincono con le minacce di chiusura a riccio, anzi! Per rafforzare il Ticino, vi è molto da fare e bisogna farlo adesso, non domani.

Dove sta il coraggio? In chi grida “al lupo al lupo, chiudiamoci nel nostro ovile”, in chi (per finire la trilogia) abbaierà come “un cane da guardia” o in chi, invece, s’incammina verso l’esterno, perlustra, studia le mosse e quindi, elaborate le debolezze dell’avversario, prepara, al suo interno e di concerto, l’offensiva, magari con qualche infiltrazione nei sistemi avversari, e poi, dei colpi di mano? A voi la scelta.

 Avv. Matteo Quadranti, candidato PLRT a Consiglio di Stato