Risposta ad intervista Giornale del Popolo

25 Marzo 2011 – Giornale del Popolo

La Big Society “è un’iniziativa per dare alle persone l’iniziativa, per dare loro controllo sulle proprie vite e sul loro lavoro, per dar loro modo di migliorarli”: così il premier britannico David Cameron ha definito il suo progetto di nuova gestione dello Stato. Uno Stato che privilegia le potenzialità espresse dalla società civile, piuttosto che risolvere, spesso a costi esorbitanti, tutti i “problemi” e i “bisogni” dei cittadini. Lei si sente vicino a questa impostazione che, semplificando, prevede “meno Stato” e “più società”? E concretamente come la applicherebbe?

Non mi sento vicino a questa visione liberista della società, senza per questo essere del tutto contrario a che lo Stato collabori con la società civile, come già fa. L’iniziativa e creatività progettuale dell’individuo già può espletarsi nel sistema attuale. Il ruolo della Stato di oggi, nel nostro Cantone, è il frutto invidiatoci di conquiste importanti per la giustizia, la sicurezza sociale, la coesione tra regioni e per le pari opportunità di accesso a servizi e prestazioni, non solo nella scuola ma anche nella sanità e nella sicurezza. Se vi sono aspetti da migliorare facciamolo su quanto costruito e non smantellandolo, facendo un lungo passo indietro. Paragonare il sistema anglosassone al nostro è decisamente una forzatura, per storia, cultura e metodo. Cameron ha dichiarato ad esempio il fallimento del sistema multiculturale inglese che tuttavia era basato su premesse ben diverse da quelle d’integrazione interculturale in Svizzera. Ci sono settori troppo sensibili e importanti perché lo Stato semplicemente li deleghi senza un controllo stretto a garanzia di principi di uguaglianza, solidarietà e giustizia ridistributiva. Se poi la delega alla società civile dev’essere fatta sempre mediante sussidi da parte dello Stato, e quindi con i soldi dei contribuenti, allora non vi è garanzia che vi sarebbe un risparmio da parte dello Stato ma semplicemente l’erogazione di soldi pubblici ad enti che, in quanto di diritto privato e a scopo di lucro, sarebbero soggetti alle leggi di mercato e quindi punterebbero ad offrire servizi migliori a chi può pagare e servizi standard a chi ha meno disponibilità finanziarie. Inoltre questi enti non darebbero garanzie di trasparenza come invece lo Stato è tenuto a fare: appalti e mandati pubblici dietro concorso pubblico, contratti collettivi di lavoro o scale di stipendi con garanzie di un’occupazione più stabile, occupazione di personale principalmente residente. In breve, questi privati potrebbero assumere, licenziare, favorire amici e conoscenti in modo non trasparente.

Avv. Matteo Quadranti, candidato PLR al Consiglio di Stato e al Gran Consiglio