Politica – Etica – Tecnica (Seconda parte)

19 ottobre 2012 – Opinione Liberale – Ballate Maltesi

A chi il primato?

Lo scorso 21 settembre in questa rubrica avevo proposto alcune riflessioni a sapere se nell’età della tecnica, la politica avesse ancora il predominio, mentre il secondo interrogativo sul quale mi riservavo di proporre qualche suggestione in questa seconda occasione era: “L’etica ha ancora un suo ruolo o è impotente di fronte alla tecnica?” Appare abbastanza evidente che la tecnica pone dei problemi che richiedono delle decisioni “morali”. Ma secondo quale morale? In Occidente abbiamo conosciuto tre tipi di morale: quella cristiana, quella laica e quella della responsabilità.
1) La morale cristiana, su cui si può dire si fondi l’ordine giuridico europeo, è una morale “dell’intenzione”. Ovvero, per giudicare una persona occorre considerare l’intenzione che lo ha condotto ad una certa azione. Si pensi al classico omicidio intenzionale o colposo (per negligenza). L’etica dell’intenzione nell’età della tecnica, per alcuni, non è di grande aiuto. Di fronte a un evento tecnologico, i cui effetti possono essere devastanti, poco importa conoscere le intenzioni di coloro che lo hanno prodotto. Conoscere le ragioni per cui dei ricercatori abbiano sviluppato e continuino ad ottimizzare un progetto quale la bomba atomica pare di poco rilievo per rapporto all’interesse che invece abbiamo circa il suo potenziale distruttivo. Oggi si stima che la terra potrebbe essere distrutta diecimila volte.
2) La morale laica è quella che si potrebbe riassume con Kant nel concetto che l’uomo va trattato come un fine e non come un mezzo. Anche questa è una morale dell’intenzione ma Kant la elabora prescindendo da qualsiasi riferimento teologico e fondandola solo su argomenti razionali. In tal senso essa è laica. Che ad oggi l’uomo, nella nostra cultura, venga giustificato nella sua esistenza in quanto funzionario di un apparato o produttore di qualcosa, ha fatto si che una tale morale che pone l’uomo come “fine” non si sia ancora realizzata. Ad ogni modo questa morale pone qualche problema anche quanto ai limiti della sua efficacia. Porre l’uomo come il “fine” della morale starebbe a significare che tutto il resto può essere considerato “un mezzo” da asservire all’uomo? L’aria, l’acqua, gli animali e la natura in genere, nell’età della tecnica, sono solo un mezzo o sono a loro volta dei fini da tutelare? All’epoca di Kant tanto la crescita della popolazione quanto lo stadio della tecnica non erano giunti al punto attuale di evoluzione per cui, a differenza di oggi, non vi era ancora quella necessità di tutelare la natura. Oggigiorno, in Paesi avanzati come il nostro, sono state introdotte delle norme giuridiche secondo le quali “chi inquina paga”, ma dal profilo della morale, spesso questo fatto non è ancora condannato o giudicato come un reato nella coscienza collettiva. Se la violenza su di una donna o un bambino è giudicato immorale da chiunque, lo stesso non vale ancora per la violenza (inquinamento) verso la natura.
3) La morale della responsabilità, elaborata da Max Weber e affinata poi da Hans Jonas, afferma che non dobbiamo più guardare alle intenzioni che muovono gli uomini, bensì agli effetti delle azioni stesse, nella misura in cui sono “prevedibili”. Ed è qui che s’incrina anche questa morale nei riguardi della tecnica. Infatti una caratteristica propria della tecnica è quella di produrre effetti “imprevedibili”. L’etica della scienza conduce a voler sapere tutto ciò che si può sapere: non ha forzatamente una mentalità finalistica. Due distinti biologi possono arrivare a studiare e sapere tutto su due distinte molecole, ma i loro studi non li porteranno forzatamente a prevedere gli effetti di una futura combinazione delle due molecole. E quand’anche questa combinazione, ricercata o fortuita, dovesse essere vantaggiosa, ancora andrebbe determinato se la stessa lo sia tanto economicamente (per poter contare su di una sua produzione e commercializzazione) quanto antropologicamente (per l’umanità). Sarebbe interessante verificare se tutto il denaro investito ad esempio nella ricerca sui prodotti cosmetici (di largo consumo) non basterebbe, se dirottato eticamente, a curare dalla malaria o dall’AIDS le popolazioni africane. Pertanto possiamo dire che ad oggi l’economia ancora controlla la tecno-scienza, nel senso che promuove solo le ricerche con un immediato ritorno economico. Per modo che l’economia in quest’ottica resta ancora una scienza “umanistica”, viziata dalla passione umana per il denaro che è un elemento irrazionale nel discorso del rapporto tra mezzi e fini. Tutto ciò è giusto stando all’etica della responsabilità?
In conclusione, difficile è affermare chi abbia il primato tra politica ed etica o tra economia e tecnica. Ma importante credo sia porsi ogni tanto anche queste domande. Perché se le stesse possono apparire astratte, le risposte e le conseguenze concrete ce le ritroviamo spesso a casa nostra.

Matteo Quadranti