Patria

4 settembre 2009 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi

… non solo il 1° Agosto

Trovandomi all’estero per ferie, quest’anno ho mancato ai discorsi e alle celebrazioni, con relativi rendiconti giornalistici, del Natale della Nostra Patria. Questo non mi ha evidentemente impedito di sentir parlare, a livello mediatico, della nostra Svizzera, attualmente, più che mai, forse, sotto il fuoco incrociato di Stati, o Magistrature di Stati, amici e/o ex amici. Ho di contro letto con interesse l’editoriale “Gli Svizzeri: un ruolo da reinventare” di Giancarlo Dillena sul Corriere del Ticino del 25 agosto (che invece era il mio di Natale, per quanto poco possa interessare). Il tema era quello, per noi svizzeri, della necessità di confrontarsi con, da un lato, il rischio d’isolamento internazionale e, dall’altro, quello della perdita d’identità a seguito dei cambiamenti nel frattempo avvenuti sulla scena europea e mondiale. Non va sottaciuta evidentemente la gran voglia di taluni Paesi e/o governanti di reperire un avversario Estero per celare le proprie gravi problematiche interne, ma qui si aprirebbe un altro capitolo sul quale magari tornerò, limitandomi, per chi volesse, a segnalare un breve saggio di Umberto Eco, “Costruire il nemico”, in “Elogio della Politica” (edizioni BUR Rizzoli, 2009).

Dillena concludeva che, per individuare un percorso tale da consentire al nostro piccolo Paese di conservare il suo ruolo a livello internazionale e salvaguardare l’essenziale dei nostri valori, il primo passo da fare è quello di guardarsi indietro, di riscoprire la nostra storia per trarne gli utili insegnamenti. Tra altri elementi si citava in particolare, come fattore critico determinante in questi frangenti, la coesione interna.

In quest’ottica, forse, qualche spunto generale sull’Idea/Valore di Patria può essere d’interesse rispolverarlo, quand’anche, in epoca di globalizzazione, potrebbe sembrare perfino eccentrico parlarne.

 

Ma così non è, in quanto una nazione è un’anima e un principio spirituale e la Svizzera ha il diritto di veder conservate, come le altre nazioni europee, le sue proprie caratteristiche per non correre il rischio di perdersi o di essere sopraffatta da identità più forti, o grandi, e maggiormente consapevoli della loro consistenza storico-cuturale. Anche la costruzione, per chi la vuole, di una identità europea, non può passare comunque tramite l’arroganza e la negazione dell’esistenza di singole Patrie. Queste singole nazioni soltanto possono legittimare e fondare un’entità più grande, che ancora non sta a significare forzare l’adesione all’Unione tramite la pressione economico-finanziaria, legale e politica. La coesione interna nel nostro Paese si avvera quindi necessaria per far comprendere, ora e ancora, ai nostri vicini e partner commerciali, che per cominciare è necessario che la dignità e l’ordinamento politico-giuridico della nostra nazione, come quelli delle altre, devono essere accettati, senza riserve o condizioni, e a prescindere da considerazioni economico-finanziarie, soltanto perché sono nostri prodotti storici.

 

L’idea di Patria è un’idea molto complessa. Essa abbraccia tutti i diritti che gli uomini hanno nel corpo politico, e molte affezioni contratte per il luogo di nascita, per il clima, per il sito, per le amicizie e parentele, per le religioni e per la forma di governo. Il concetto di patriottismo è strettamente legato a un complesso valoriale ed emotivo e si manifesta come una “religione laica” dai connotati civili. Le ragioni morali del patriottismo trovano giustificazione e si legittimano nella percezione di vincoli fondanti la convivenza tra simili che condividono una tradizione condivisa.

 

Una tesi centrale della moralità del patriottismo è che annienterò e perderò una dimensione centrale della vita morale se non comprendo che la narrazione recitata della mia vita individuale è inserita nella storia del mio Paese. Infatti, se non intendo la mia vita in questo modo, non comprenderò che cosa devo ad altri e che cosa altri devono a me, per quali delitti del mio Paese sono tenuto a riparare, per quali benefici alla mia nazione sono tenuto a provare gratitudine. Comprendere ciò che mi è dovuto e ciò che devo, e comprendere la storia delle comunità di cui sono parte, è la stessissima cosa (Alasdair MacIntyre, Il patriottismo è una virtu’?, 1992). Se una comunità nazionale sconfessasse sistematicamente se stessa, i suoi valori, i suoi principi, le sue tradizioni e istituzioni storiche, economicamente e socialmente, allora verrebbero meno i legami tra gli appartenenti a essa che sarebbero giustificati soltanto dagli interessi, e ciò di regola non è mai buon segno a medio e lungo termine.

Se alcuni dei manager alla testa di multinazionali col label svizzero fossero stati un po’ più patriottici, ovvero attenti agli interessi del nostro Paese, forse non ci si ritroverebbe in questo pantano a doverci difendere. Almeno di questo ne tengano conto in futuro gli azionisti, svizzeri e non, poiché alla fine anche quest’ultimi avevano ed hanno un interesse a che le società svizzere restino quelle che sono state e inserite in un contesto politico, economico e istituzionale tale per cui la Svizzera è sempre stata apprezzata, riconosciuta e scelta per svolgere attività, investire e vivere.

di Matteo Quadranti