Non solo ragione e non solo emozione

maggio 2014 – La Regione

Oggi è risaputo che i migliori margini di innovazione si trovano nell’incrocio e intersecazione tra le discipline. Ciò vale nelle scienze ma anche nelle discipline umanistiche e nelle arti. Se ne sono avuti ancora degli esempi negli interessanti interventi al Dies Academicus dell’USI. Perché la politica dovrebbe essere diversa da altre discipline? Di fatto non vi è motivo e la politica farebbe bene, credo, ad interessarsi anche di quanto accade ad esempio nelle neuroscienze e nelle scienze cognitive. Perché farlo? Forse per uscire dal tunnel nel quale i partiti politici e la politica in generale si sono ficcati e cercare di recuperare il loro ruolo di ricettori delle esigenze, dei bisogni e talvolta dei mal di pancia della cittadinanza ma anche di incalanatori/moderatori delle passioni. Il tutto per tentare quantomeno di non continuare con questo populismo che si limita ad una campagna elettorale perenne laddove tutti cercano semplicemente di sentire il polso delle emozioni per accattivarsi l’elettore indipendentemente dalla reale praticabilità delle soluzioni che poi di fatto si potranno attuare. In realtà a nessun interessa quali sia le proposte di soluzione fondate: importante è buttarne là qualcuna ad effetto. Se poi si possano realizzare o meno poco importa. Ciò che conta, nei discorsi da bar e poi nelle urne, è che il tale tizio o leader l’abbia sparata: “almen lü la dii!”, è la frase che ho sentito più spesso negli ultimi anni. In passato forse i politici erano certo passionali ma al contempo, e penso al mio partito, molto razionali, inspirarti al primato della ragione. Oggi il primato ce l’ha l’emozione, anche nei criteri di scelta del cittadino elettore. Finite le grandi ideologie e visioni, sembrano permanere solo il presente e il realismo. Come sempre, probabilmente, se non la verità, almeno la giusta via sta nel mezzo. Gli ultimi studi di filosofia della scienza, con riferimento appunto alle neuroscienze, indicano che le emozioni danno un contributo alla razionalità. Le emozioni interferiscono spesso con il ragionamento, sono fonti di pregiudizio, ci rendono osservatori parziali e interessati, poco obiettivi. Ma proprio per le stesse ragioni per cui possono essere d’intralcio alla formazione di credenze corrette, le emozioni possono anche essere un aiuto importante per la valutazione delle situazioni in cui ci troviamo. Esse richiamano l’attenzione non solo su certi dettagli salienti sulle situazioni, ma anche sulle emozioni stesse. Ci motivano a cercare ragioni e prove che giustifichino le emozioni. Le emozioni sono perciò “riflessive”. L’esperienza emotiva non si esaurisce, o non dovrebbe, in se stessa, ma dà origine a una rete di ragionamenti. Ci sono ragioni importanti a favore dell’analogia tra percezioni ed emozioni. Come le percezioni, le emozioni sono fallibili. L’emozione della paura interferisce a vari livelli. Ci motiva ad agire in contrasto con il nostro miglior giudizio, ma dà anche un ordine alle nostre opzioni e propone anche considerazioni che possono valere come ragioni. Un buon partito e una buona politica dovrebbe agire un po’ come il giurato n. 8 del film di Sidney Lumet “Twelve angry men” (letteralmente: “Dodici uomini arrabbiati” ma tradotto in italiano con ”La parola ai giurati”, 1957), di cui rividi una versione teatrale con Alessandro Gassman nel 2009. Undici dei dodici giurati, mossi da emozioni come la rabbia, la paura, il risentimento, sono orientati verso un affrettato verdetto di condanna a morte in un caso di parricidio. Ma è ancora per via di un’emozione che uno dei giurati, il n.8, nutre un dubbio ragionevole. Malgrado una prima reazione di rabbia e sarcasmo verso questo giurato che non si conforma al gruppo, il n.8 convince gli altri a riesaminare le carte processuali e inizia una riflessione collettiva che si conclude con il riorientamento delle emozioni degli altri giurati e il ribaltamento del verdetto iniziale. Insomma, il partito vincente del futuro, per me, dovrebbe sapersi distinguere, nel contesto politico, dal gruppo e non conformarsi all’andazzo generale; esso dovrebbe saper cogliere le emozioni del tempo, ma dovrebbe anche riportarle alla ragionevolezza e far sorgere almeno il ragionevole dubbio che i proclami degli altri sono affrettati e volti a cercare un colpevole o la soluzione apparentemente più semplice ma che potrebbe essere foriera di una grande ingiustizia ed errore. Voglio un partito n.8 che convinca con emozione il cittadino ragionevole e lasci agli altri l’eterna incazzatura e paura dell’avvenire.

Matteo Quadranti, deputato PLR