Licenziamo Babbo Natale?

18 dicembre 2009 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi

…sempre che esista…

In un bel libricino di Francesca Rigotti dal titolo “Le piccole cose di natale. Un’interpretazione laica” (Interlinea Edizioni, Novara) si possono trovare, tra altre “cose”, alcune considerazioni sulla figura di Babbo Natale. Chi volesse trovare facilmente informazioni su questa figura può farlo ad esempio nell’enciclopedia online Wikipedia. Babbo Natale è innanzitutto, secondo il sistema ontologico delle cose (che non sono solo “oggetti”), una cosa immateriale che non esiste nello spazio e nel tempo ma è nondimeno di fattura umana, ovvero “mente-fatta” (per distinguerla dalle cose “manu-fatte”) al pari della Befana o dei canti e delle poesie. Orbene, Babbo Natale è una figura mitico-fantastica di antica origine nordica la cui storia si intreccia con quella del Santo Nicola vescovo di Mira (attuale Turchia) il quale era solito elargire doni ai poveri. Apprendiamo – oltre a come e a chi inviare la lettera con le richieste di doni e l’organizzazione della fabbrica dei regali – anche che i colori bianco e rosso degli abiti sono relativamente tardi (alcune prime raffigurazioni lo mostravano vestito di un mantello verde) e derivanti da rappresentazioni prodotte nell’Ottocento negli Stati Uniti che poi hanno finito per associarlo ai colori della Coca-cola (da qui forse la fortuna ma anche la sfortuna di questa figura fantastica nella società moderna). Più difficile invece è trovare risposte filosofiche al senso da dare al fatto di credere o meno a Babbo Natale. I più piccoli, ma neanche tutti, ci credono. Di contro gli adulti, pur non credendovi, riconoscono quantomeno che questa figura, nei Paesi protestanti, distribuisce regali ai bambini la notte di Natale volando in cielo con una slitta carica di doni trainata da magiche renne volanti (i cui nomi, per curiosità, sono: Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen). Mentre diamo per vero che sia esistito, nel IV secolo, San Nicola di Mira – le cui reliquie vennero trafugate a Bari dove sono tuttora venerate – non tutti danno per vero l’esistenza di Gesù Bambino, il quale in Italia (e Ticino) porta anch’egli i doni a Natale (in Spagna, altro paese cattolico pare che i regali li portino ancora i Re Magi). Eppure anche Gesù è esistito nelle vesti di profeta vissuto in Palestina. Di lui molti credono che fosse anche il messia, figlio di Dio e Dio egli stesso, crocifisso, morto e risorto e asceso al cielo per giudicare i vivi e i morti. Tanto Babbo Natale quanto Gesù Bambino svolgono la funzione folklorica e quasi magica di portare i regali: una storia innocua, poetica, piena di dolcezza e magia che resiste da molti anni e per molti anni resisterà o forse no. Ma mentre la prima figura di Babbo Natale, rimane nell’ambito folklorico, la seconda assume la funzione di fondatore di una religione molto diffusa sul pianeta.

Complice l’evoluzione dei tempi, non solo recenti (ad es. si veda l’opera Dell’esame e processo al vecchio Babbo Natale di Josiah King già del 1686), s’è sviluppata una certa “competizione” o comunque sono state formulate critiche religiose alla figura di Babbo Natale. Infatti, nonostante le sue radici possano essere classificate come cristiane, Babbo Natale col tempo è diventato una figura che rappresenta gli aspetti secolari del Natale; ciò ha provocato le critiche di alcune frange più tradizionaliste delle chiese cristiane che disapprovano l’enfatizzazione del Babbo Natale e gli aspetti materialistici dello scambio di doni in occasione della festa. Nella tradizione anglosassone che ormai ci ha contagiati tanto quanto Halloween, Santa Claus è anche un personaggio in costume che staziona nei grandi magazzini o nei centri commerciali. La sua funzione, e moltiplicazione/clonazione, è quella di promuovere l’immagine dei negozi. Forse è questo l’aspetto squalificate del Buon Babbo Natale. Forse per lenire queste critiche, attualmente di ritorno, basterebbe prendere in considerazione il licenziamento tutte queste comparse e ritornare all’unica figura immaginaria, fantastica e mitica per risolvere il problema. Ma sarà il caso?

Il filosofo della scienza Paul K. Feyerabend racconta che, a otto anni, si trovò di fronte a Babbo Natale . Egli scrive: “Ma vidi anche le scarpe di mio padre, che prima non avevo mai notato, vidi gli occhi di mio padre dietro la maschera e sentii parlare lui, non San Nikolaus. Era mio padre, chiaramente era lui, ma altrettanto chiaramente non era lui ma San Nikolaus”. In un episodio del telefilm “Ally McBeal” accade che un anziano signore dalla barba bianca, maestro di scuola elementare, si presenta nello studio legale della protagonista per farsi difendere dal licenziamento ricevuto dalla direzione scolastica che lo prende per matto in quanto asserisce di essere il vero Babbo Natale. La squadra di avvocati lo difende: perché licenziare colui che, in quanto Babbo Natale, rende più felice i bambini, infondendo loro sentimenti di bontà, generosità e ottimismo? Questa è la prova “morale” cercata dai filosofi circa l’esistenza di Babbo Natale. Serve di più? Non abbiamo già troppe occasioni per essere pessimisti, infelici, avidi e cattivi?

Ludwig Wittgenstein, nelle sue “Lezioni sulla credenza religiosa” ha osservato che quando un credente dice: “Credo che ci sia un Dio” e un ateo dice: “Credo che non ci sia un Dio”, non si può concludere che l’uno sta sostenendo qualcosa e l’altro la sta negando. Credere significa informare tutta la propria esistenza a un insieme di valori che derivano dalla credenza. Il non credente, invece, si limita a ritenere che non sia quella la sola fonte dei valori, e che ve ne siano di altre. Magari le cose possono andare così anche con la faccenda di Babbo Natale.