Liberalismo: il partito del movimento

13 maggio 2011 – Ballate Maltesi, Opinione Liberale

… dall’uomo, per l’uomo

Oggi ci sono troppe persone desiderose di troppe cose diverse. È una conseguenza dell’individualismo insito nella società contemporanea: complessa, aperta, tanto informata quanto malinformata. In epoche precedenti le esigenze erano di meno o limitate a questioni veramente cruciali, di sopravvivenza, di conquiste delle libertà. La crisi dei partiti storici parte proprio da questa sempre maggiore difficoltà di mantenere una direzione a una pletora di desideri sempre più disparati e contrastanti tra loro. Da qui il successo invece delle formazioni populiste e dell’antipolitica. Ogni persona ha la sua individualità, i suoi valori e questi cambiano come i desideri. Per alcuni i valori sono la famiglia, per altri la ragione, la scienza, per altri il guadagno e il proprio benessere personale. I mutamenti dei valori li si attribuiscono alla società. Ciò è tuttavia fuorviante. Infatti “società” è un concetti ausiliario. Ciò che esiste veramente sono gli uomini, quelli buoni e quelli cattivi, comunque gli esseri umani, in parte dogmatici, critici, pigri, diligenti, onesti o altro. Oltre agli uomini esistono le istituzioni sociali (Stato, partiti, mercato, …), esistono le idee. Ma ciò che non esiste è la società. La gente invece ci crede e le dà la colpa di tutto. Pensano perciò di poter cambiare la società mentre in realtà si possono cambiare soltanto i rapporti tra gli esseri umani, tra le istituzioni. Uno dei peggiori sbagli è credere che una cosa astratta sia concreta. Si tratta della peggiore ideologia. La Big society (leggasi meno-Stato) quale alternativa allo Stato, figura tra queste. Per giustificare la propria esistenza e funzione, per conquistare gli elettori, ogni partito ha bisogno di un proprio universo di valori a cui fare riferimento per cercare di mutare i rapporti tra le persone, tra queste e, ad esempio, il mercato (quello delle merci, ma anche quello del lavoro). Il congresso PLR di giugno dovrebbe portare a dire quali sono i contenuti dei valori del liberalismo che vogliamo attualizzare. È purtroppo innegabile che, col suo successo soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino, il significato originario e i precetti del liberalismo sono stati banalizzati, tanto che alcuni dicono “liberalismo politico” ma agiscono nel “liberismo economico”. Ciò è riduttivo e generatore di confusione. Se si vuole rifondare il PLR, bisogna essere in chiaro sui pilastri sui quali poi erigere l’azione politica. La domanda è: come pensare la modernità liberale? Bisogna sapere chi si riconosce in questa ed è pronto a lavorarci. Si eviti che il liberalismo politico venga posto al servizio di istanze non politiche. Il liberalismo, nella sua definizione più sintetica, è la rivoluzione dei diritti dell’uomo, intesa come la cristallizzazione di nuovi principi dell’organizzazione collettiva. Dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, l’unico ordine politico legittimo è quello che parte dell’individuo e torna verso l’individuo. Il liberalismo libera il movimento delle cose umane: circolazione degli uomini, della merci, delle idee, dei capitali, degli affetti. Il dispositivo liberale è polare: due poli in tensione che sono l’uno per l’altro, allo stesso tempo, uno strumento e un ostacolo. Essi sono lo Stato e la Società civile (del commercio o del mercato). La società ha bisogno dello Stato per fissare e far rispettare le regole, e innanzitutto la prima, quella dell’uguaglianza dei diritti. Lo Stato ha bisogno del mercato per disporre della maggior potenza possibile. Le epoche di equilibrio sono rare. L’ultimo periodo, conclusosi con la crisi finanziaria, è stato caratterizzato da uno spostamento verso il mercato, di cui si immaginava potesse fare a meno di ogni regolazione statale. In questa “utopia liberale”, dalla quale qualcuno ancora deve uscire, ci si illudeva che fossero sufficienti delle “governance delle regole” create da un numero infinito di comitati o enti civili, intermedi, di “autodisciplina” che però di fatto si sono dimostrati non essere responsabili verso nessuno, a differenza dei governi liberali che di contro erano responsabili verso i cittadini elettori. Pertanto oggi torna in primo piano la necessità di un governo e non più di “governance”. Ci vuole una ripoliticizzazione della vita della nostra cittadinanza. La destra e la sinistra hanno abbandonato il popolo che costituiva la loro base di legittimazione: la destra ha abbandonato la Nazione (il popolo con tutte le sue classi) a favore di un economia globalizzata, la sinistra ha abbandonato il proletariato. È stata tradita l’essenza del liberalismo reale e politico che è sempre stata quella della ricerca e costruzione d’un miglior governo. Chiediamoci quindi su quali principi di coesione la ripoliticizzazione che si delinea potrà fondarsi. La rivoluzione dei diritti dell’uomo è forse riuscita al di là di ogni aspettativa? Abbiamo finito per diventare davvero degli individui ormai abituati al “rapporto a sé” e non sappiamo più come riferirci a una “cosa comune”. Un liberalismo deviato ha devitalizzato i legami collettivi, l’attenzione verso l’altro e l’ambiente. Non sappiamo più verso cosa rivolgerci quando le promesse della governance delle regole, in una umanità globalizzata, si sfilacciano. Cos’è essere liberi quando le libertà sono garantite e gli ostacoli alle libertà rimossi? Difendere la libertà d’opinione è nobile, ma quando la censura non esiste, non è comunque detto che questo ci insegni ad avere un’opinione sensata. Difendere i diritti politici è democratico, ma non è detto che quando questi siano stati acquisiti, noi li esercitiamo riconoscendogli adeguato valore. Non è un caso se la fede nel progresso ha accompagnato lo sviluppo della civiltà liberale: la difficoltà intrinseca del liberalismo può essere superata solo con la fede nell’avvenire, in un avvenire migliore. E quindi direi di ripartire dall’uomo con obiettivo l’uomo e il suo ambiente. Una nuova fraternità. Un’educazione e un’azione più umanista e umana, che sappia rivalorizzare l’altro e i legami collettivi, con la natura, la solidarietà, possono essere punti da cui partire per una riflessione. Il prossimo movimento del liberalismo potrebbe essere quello di liberarci dall’idea che i diritti dell’uomo siano bastati a creare una società migliore, una collettività capace di parlarsi e aiutarsi, di modificare i rapporti tra esseri umani.

Avv. Matteo Quadranti, deputato in Gran Consiglio