Il Dubbio

17 aprile 2008 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi

“… tra gli arcipelaghi, maree di discordia” (G.Isella)

Paulo Coelho scriveva: “fra le poderose armi di distruzione inventate dall’uomo, la più terribile e vile, è la parola. Pugnali e armi da fuoco lasciano tracce di sangue. Le bombe squassano edifici e strade. I veleni vengono rilevati. Dice il maestro: la parola può distruggere senza lasciare tracce. Cerca di vedere se stai utilizzando quest’arma o se la si sta usando contro di te. E non permettere nessuna delle due cose.” A teatro ho visto una pièce, “Il Dubbio”, scritta dall’americano J.P. Shanley (Premio Pulizer 2005), ambientata in una scuola parrocchiale del Bronx. La vicenda gira attorno a due suore – una, anziana e direttrice dell’istituto, l’altra, una giovane novizia – e un giovane prete sospettato dalla prima di aver abusato dell’unico ragazzo di colore della scuola. Ma è evidente da subito che il luogo e i personaggi, religiosi, sono solo un pretesto dell’autore, per un soggetto più ampio ed applicabile a molte realtà quotidiane, incentrato sul tema del pettegolezzo. La trama lascia lo spettatore in bilico tra la presunzione d’innocenza e il dubbio di colpevolezza. Straordinaria la suspence emotiva. Il dialogo è puro combattimento e manipolazione dell’avversario, ma alla fine i ruoli di vittime e carnefici si scambiano continuamente. Ad un certo punto una delle due suore chiede ad un altro prete di confessarsi per aver diffuso i sospetti e questi le attribuisce la seguente penitenza: “Prendi un cuscino e un coltello, sali sul tetto e accoltella il cuscino”. La pettegola esegue e torna dal confessore il quale le dice: “ora vai e raccogli tutte le piume fuoriuscite dal cuscino”. “ Ma è impossibile! Non so dove siano volate tutte quelle piume”, risponde la pettegola. Il confessore conclude dicendo: “Esatto! Proprio come tu hai fatto con i tuoi pettegolezzi infondati, le tue parole sono volate di bocca in bocca senza che tu possa più fermarle”. San Gregorio Magno, nei suoi Moralia in Hiob indicava tra le 5 figlie dell’Invidia, la maldicenza e la diffamazione che portano anche il nome di pettegolezzo ovvero questo “venticello” o “auretta assai gentile” che “sottovoce, sibilando va scorrendo, va ronzando nelle orecchie della gente” come dice la famosa aria del Barbiere di Siviglia (1816) di Rossini, lascia sempre la sua traccia velenosa: “Calomniez, calomniez, il en restera toujours quelque chose” diceva l’originario testo del Barbiere di Siviglia (1775) scritto dal francese P.-A. de Beaumarchais. Pettegolezzo, che è disinformazione, e menzogna, che è falsità, non s’identificano sempre.

Chi mente ha in comune con chi dice la verità il fatto di far riferimento a una serie di credenze, su di sé o sul mondo, che ritiene essere vere. Chi fa del pettegolezzo dice fesserie e dimostra un totale disinteresse per la verità. Tutto è piegato ad altri scopi. Quindi: mai dire delle bugie quando ce la si può cavare con delle fesserie, parrebbe potersi concludere quale insegnamento. Ma la civiltà promuove una società che si comporta bene verso se stessa, i cui membri rispettano il valore intrinseco dell’individuo e il rispetto dei diritti altrui, tra i quali quello di non essere messo alla berlina. Purtroppo, anche in politica, tale concezione di civiltà mostra evidenti segni di decadimento: delle buone maniere e del rispetto della persona umana. In verità va detto, con Montaigne, che “mentire è un maledetto vizio. Non siamo uomini e non ci stimiamo gli uni con gli altri che attraverso la parola”. Qualcuno sostiene purtuttavia che nelle arti della politica e del governo, il saper usare, in modo giudizioso e parsimonioso, verità e falsità faccia parte dei ferri del mestiere. Altrimenti nessuna delle due attività sarebbe possibile. Resta il fatto che è universalmente accettato che la scoperta di una bugia mette in discussione l’integrità del mentitore (anche se in qualche caso recente ciò non sembra più valere per tutti: qualcuno pare essere ciononostante al di sopra di ogni giudizio, foss’anche emesso dall’autorità preposta). Quand’anche si volesse seguire la sensazione di Nietzsche, il quale scriveva: “Il fatto che la menzogna sia necessaria alla vita è parte integrante della natura, terribile e discutibile, dell’esistenza”, ciò la dice lunga sulla vita, e non in termini lusinghieri.

La politica – soprattutto quella ideologico-populista – è “guerra di parole … che è guerra tra nomi nobili e ignobili, ed è cosiffatta che i nomignoli restano e le dimostrazioni si dimenticano. Allora le parole pesano e il potere delle parole è di per sé grandissimo” (G. Sartori, La democrazia, Rizzoli, 1993). I liberali radicali tengono alla vera democrazia che è tale quando alle parole seguono i fatti reali poiché tra le parole e le realizzazioni vi è concordanza. Il pettegolezzo é disinformazione come la demagogia, che è falsità non potendo o volendo realizzare nella gran parte delle volte quanto si “promette”.