Discorso al Comitato cantonale PLRT

11 Novembre 2010 – Presentazione per la candidatura al Consiglio di Stato

Cari presidenti,

Cari membri di Comitato cantonale,

Sono qui stasera, molto serenamente e con grande tranquillità, con la coscienza pulita di chi non ha ordito trame di sorta. Mi metto a disposizione del partito, conscio della delicatezza della situazione e delle polemiche, nonché dei tatticismi e delle scorrettezze che hanno preceduto questo comitato. Se sono qui a presentarmi a voi stasera è perché

sono:

PER fare in modo che l’aereo elettorale del PLRT possa decollare, non solo con un ala e la carlinga, ma con entrambe le ali. Queste fanno parte di un unico velivolo. Il ruolo di queste ali non può neppure essere minimizzato in un 10% per parte e su questo credo siano d’accordo anche i liberali più a destra, almeno quelli che onestamente e oggettivamente riflettono sullo stato del partito. Non pretendo di convincere chi continua a marciare col paraocchi per la propria strada. Qualcuno (Elbert Hubbard) ha scritto che talvolta è meglio non dare spiegazioni: i tuoi amici non ne hanno bisogno e i tuoi nemici non ci crederanno comunque. In breve credo che non spetti ai passeggeri liberali radicali di guardarsi in giro e vedere loro, se l’aereo è munito di tutte le sue parti prima di partire, ma questo incombe ai piloti e all’equipaggio.

PER il diritto, quindi, di cittadinanza, a questo punto, dell’una come dell’altra ala.

È una mera questione di parità delle opportunità di partenza.

Quindi abbiate almeno voi membri del comitato, anche rappresentanti della Grande corrente, rispetto per questi sani principi di giustizia ed equità, e date ai radicali la parte che si meritano e la possibilità di giocare il gioco;

PER il partito, e la sua unità – nella pluralità di vedute interne, e contro PPD, Lega, UDC e anche PS;

PER un modello di politico falegname, rubando lo slogan dei falegnami: l’uomo che fa, contro il retore o il demagogo.;

PER essere, un dei candidati del PLRT che vuole farcela;

PER l’ala RADICALE, comunque, che mi ha fatto l’onore di credere nella dignità della mia persona;

PER la mia regione, il Mendrisiotto dove sono nato e cresciuto, ma anche e soprattutto per il Ticino liberale radicale che non vuole correre rischi concreti di dispersione di voti;

PER una pari dignità dei valori che fondano le prese di posizione e le azioni di queste due anime storiche e tornare ad un franco dialogo che mi auguro nuovamente interno. Valori che la campagna elettorale dovrà poter riproporre tramite qualcuno che li porti avanti da un lato, ma anche dall’altro.

Se i radicali sono più marcatamente

per la separazione tra Stato e religioni, per il laicismo come attributo del liberalismo ebbene non ci vedo nulla di male, anzi! Ci mancherebbe che ora il laicismo debba cercare di giustificarsi e legittimarsi all’interno di questo partito.

Se i radicali sono più marcatamente a favore della Scuola pubblica, questo fa parte della storia di questo Cantone, storia anche recente poiché non sono passati poi molti anni dall’ultima votazione popolare dove si discusse del tema.

Einaudi, che viene citato nel programma di legislatura, quando afferma che la libertà economica è condizione necessaria per la libertà politica, non esclude che questa serva anche ad una politica sociale.

Einaudi elogiò lo Stato creatore di infrastrutture e promotore di benessere tramite la spesa pubblica e sostenne che lo Stato doveva essere il tutore delle generazioni future e difendere i cittadini più deboli.

L’economia di mercato dev’essere consapevole che al mercato non si può chiedere di ridistribuire doverosamente la ricchezza in modo da soddisfare i bisogni della popolazione.

Il mercato è un mezzo della giustizia distributiva e non un fine.

Il mercato è un’invenzione sociale preziosa ma non è autosufficiente: esso necessità di istituzioni e ordinamenti civili. Non si può chiedere che il mercato ci dia più di quanto è in grado di dare. Esso non va demonizzato, ma compreso e inquadrato. Per questo, il ruolo dello Stato resta fondamentale.

Mi rendo conto che per i liberisti, puri e duri, sostenitori del meno Stato, mi vengo a trovare nella situazione in cui Albert Einstein ebbe a dire che “è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.

Ogni società che pretende di assicurare agli uomini la libertà, deve cominciare col garantire loro la propria esistenza. (Léon Blum)

Nel 1899, sempre Einaudi sosteneva la piena compatibilità tra

– una avanzata politica sociale e la politica liberale;

– una economia umana e umanistica, che crei la gioia del lavoro, la bellezza delle città, che non sia dominata dal gigantismo (oggi parleremmo di globalizzazione) e dall’ossessione del capitale, dall’inquinamento e dalla distruzione della natura.

È passato un secolo, ma se è vero che esiste un “mito dell’eterno ritorno” (Mircea Eliade), della ciclicità di certi eventi, di certe crisi nella storia, ne abbiamo già avuto spesso la riprova.

Se lo Stato fosse solo il più leggero possibile, forse non avremmo avuto le risorse a disposizione per iniettare sostegni all’economia e alla finanza in momenti di difficoltà. Certo sarebbe stato meglio utilizzare questi soldi per progetti di rilancio più che di salvataggio.

Volere uno Stato forte non vuol dire accettare uno Stato inefficiente o che sperpera. In questo senso l’efficienza delle istituzioni (Scuola, Giustizia e Polizia, Ente ospedaliero, Cassa pensione dei dipendenti statali, per fare degli esempi) e la stabilità finanziaria dei conti restano di primaria importanza.

I radicali non sono il nemico. L’avversario è al di fuori del partito

Se è vero che la ricerca di un nemico é un comportamento politico che si ritrova nella storia millenaria, è altrettanto vero, come ha illustrato Umberto Eco, che questa tattica ha trovato purtroppo maggior successo in periodi di REGIMI.

Nel recentissimo libro di Eco, “Il cimitero di Praga”, è messo in evidenza che ancora oggi, lo spettro dell’odio, che smuove destra e sinistra, dove ciascuno si trincera con i suoi sodali d’idee, disprezzando e denigrando, nonché insultando chi dissente, non fa un servizio utile al Paese.

L’ ”odi ergo sum” diventa massacro quotidiano.

La ricerca di un nemico, l’odio come passione politica serve solo a dare al cittadino l’illusione di una speranza fatua. Lasciamo che a usare questo populismo siano altre forze politiche e combattiamolo. Basta con la politica barbara, sboccata, ingiuriosa, offensiva.

Questa politica della perfidia sta stancando i cittadini. L’arroganza rischia di portarci ad una perdita elettorale che il partito e il Paese non possono minimamente permettersi.

Sono qui per un obiettivo di ritorno alla CIVILTÀ della politica, e tra le persone.

Serve un nuovo illuminismo, un inversione di clima, una politica al servizio dei più deboli, quelli veri, per affrontare il disastro della qualità della vita e ridare stima sociale all’onestà e alla partecipazione democratica.

I tempi sono duri, ma non possiamo lasciare che questo tema cada semplicemente perché ritenuto utopico o meramente idealista. Il clima attuale sta impoverendo quelle doti di immaginazione e progettualità che fanno la ricchezza di un Paese. Rilanciamo un impegno comune.

Il nostro peggior nemico, oggi, è la manipolazione e la corruzione delle parole e di ciò che è vero o falso.

Ci vuole una “ribellione culturale”, perché la ribellione è una forma della responsabilità, dell’etica della responsabilità.

E se questo non è un fondamento principe del liberalismo più vero, mi chiedo cos’altro lo sia. È una questione di Scelta.

E la parola “Scelta” è la base dell’idea del libero arbitrio – che dobbiamo tornare ad insegnare/inculcare ai nostri giovani e ai nostri cittadini -. Essa è il contrario di “Rinuncia”, di “Conformismo”, di “Vigliaccheria”, di “Vergogna”, di “Indifferenza”, di “Credulità”.

Il nostro programma dice “IO RIFLETTO E VOTO LIBERALE”.

Perché questo sia possibile dobbiamo dare possibilità di scelta e lavorare per un recupero dello spirito critico, contro le manipolazioni.

Pensiamo non solo alle prossime elezioni ma anche alle prossime generazioni.

PER il dubbio, contro l’assolutismo di chi crede di detenere la Verità.

Nelle 10 tesi del PLRT per gli anni ’90 il liberalismo veniva definito come un atteggiamento etico-politico moderno e solidale opposto all’assolutismo.

Molto sarà anche cambiato nel mondo, e non per forza in meglio, ma credo che questa definizione debba ancora valere, direi quasi a maggior ragione di questi tempi.

Le declinazioni o interpretazioni del liberalismo, in questi anni, se sono passate dal liberismo, con ciò che ne è conseguito, non hanno e non possono aver dimenticato le lezioni di politica sociale del liberale Luigi Einaudi, tanto per citarne uno (Giovanni Sartori) .

Ciò tanto più se vogliamo restare un partito interclassista che ha sempre la sua attenzione focalizzata sulla crescita sicura di un essere umani libero e autonomo nel migliore ambiente e contesto sociale possibile.

L’uomo è il nostro obiettivo.

Il fine e non lo strumento.

PER un Ticino che guardi alle nuove sfide, sfide che travalicano i confini cantonali (Gottardo 2020, Ferrovia 2030, Expo 2015 a Milano, Energia, ecc…). Maggiori rapporti con Berna e Lombardia, senza però trascurare i rapporti tra Cantone e Comuni (aggregazioni).

Guidato dai principi e valori che vi ho indicato e seguendo il programma di legislatura nella forma in cui verrà approvato dal congresso, mi impegnerò. Se lo vorrete, a trovare e sostenere soluzioni e misure che riterrò giuste per il Paese.

Da tempo vi è un motto che ho fatto mio: “in arduis fidelis” , ovvero, fedele anche nel momento della difficoltà.

Fedele a me stesso e ai valori in cui credo.

Togliamo le spine alle “rose”.

Da 15 anni (16 nel 2012) sono municipale a Balerna, responsabile del Dicastero educazione, cultura e sport, sono attivo in diversi ambiti politici, sociali e culturali. Nel DNA della mia famiglia vi dev’essere il gene del VOLONTARIATO, del Servizio: mio padre è stato sino a poco fa presidente della FEBATI e io lo sono dell’ACTG, la 2° federazione sportiva per membri.

Il valore di un uomo dovrebbe, per me (come disse Einstein), essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere. Io cerco di dare il mio meglio. Questo è quanto a me interessa.

Se poi vi è ingratitudine questa è una forma di debolezza. Non ho mai visto che uomini eccellenti fossero ingrati, affermava Goethe. Con Lao-Tseu, dico che chi è in grado di condurre se stesso, secondo buon senso e moderazione, verosimilmente ha più potere di chi pretende di condurre gli altri.

Ho l’abitudine e un educazione che mi porta ad avere grande rispetto per tutti, almeno per quelli che sono disposti a fare altrettanto.

Concludo qui e vi ringrazio per l’attenzione, rimettendomi alla vostra decisione.