3: Roy, Dumbo e l’umano

21 Maggio 2010 – Opinione Liberale Rubrica Ballate Maltesi

Tra matematica, politica e morale

Sul Corriere del Ticino dell’11 maggio 2010, leggo (pag.3) del politologo Bruce Bueno de Mesquita (New York University) il quale ha elaborato un software fondato sulla teoria matematica dei giochi che permette di simulare il comportamento di tutte le parti coinvolte in un conflitto, anticipare le loro mosse e descrivere l’esito più probabile del confronto. La previsione del futuro non è più in mano a maghi tipo Nostradamus (il che è già buona cosa) ma sarebbe passata alla scienza matematica (e qui, v’è da sperare che sia meglio di quella elaborata dalla Scuola di Chicago in materia di alta finanza). Pensare che con queste conoscenze si possa poi modificare il futuro, lascia perplessi. Comunque pare che con questo modello matematico il prof. in questione ci azzecchi 9 volte su 10 (anche se ce lo vengono a dire a posteriori, come il terzo mistero di Fatima). Pare che con questo algoritmo, nel 1984, il professore avesse già previsto, contro il parere dei semplici esperti, che successori dell’Ayatollah Khomeyni in Iran sarebbero stati Khemenei e Rafsanjani. Vista la data poc’anzi menzionata, il tema in oggetto e la potenza dei numeri, m’è venuto in mente il celebre libro di George Orwell, “1984”, appunto. Questo capolavoro, oltre ad avere un numero per titolo, è diviso in 3 parti e racconta di un mondo futuro diviso fra 3 superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia, in continuo conflitto tra loro. Ma la Tre-ità permea a fondo la trama, che si riduce a un “dilemma del prigioniero” che è l’esempio più classico della teoria dei giochi la quale ha 3 entità: i due coinvolti e il terzo che come vedremo ne trae vantaggio. I due personaggi principali, Winston Smith e Julia sanno che si tradiranno vicendevolmente e che entrambi collaboreranno con l’Oceania (il terzo elemento, la cui autorità è incarnata dal Grande Fratello). Ad Oceania governa il “Partito”, che è unico. Sulla facciata del Ministero della Verità sono stampati i 3 slogans del Partito: “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza”. Sin qui il numero 3 non rappresenta niente di buono: 3 è il numero del “divide et impera”. La teoria dei giochi viene sfornata nel 1944 quale scienza delle decisioni strategiche per opera del fisico von Neumann e dell’economista Morgenstern. Orwell scrive “1984” nel 1948. Nel 1949 in Siberia esplode la prima bomba atomica sovietica. I teorici dei giochi suggerirono la strategia dell’attacco preventivo. Fortunatamente il presidente USA Truman non li ascoltò. Ma cos’è in breve il dilemma del prigioniero? Due prigionieri vengono interrogati separatamente. Ognuno ha la scelta: cooperare denunciando l’altro oppure no. I due trarrebbero vantaggio a non denunciarsi a vicenda, ma non avendo la certezza/fiducia che l’altro farà altrettanto e non volendo correre il rischio della condanna con l’aggravante della mancata collaborazione, entrambi decideranno per finire di denunciarsi a vicenda. In sostanza è un gioco per due giocatori a somma non nulla (perché non vi è un vincitore e un perdente che si compensano), il quale equivale a un gioco per 3 giocatori a somma nulla (è a somma zero perché di fatto, più penoso è l’esito per i due prigionieri/contendenti, più felice sarà l’interrogante/terzo beneficiario). Allo sviluppo della teoria dei giochi hanno poi fortunatamente contribuito John Nash (reso famoso dal film “A beautiful mind”) e poi Robert Axelroy che pensarono di “ripetere” più volte il gioco del dilemma del prigioniero scoprendo così che la fiducia, impossibile nel gioco giocato una sola volta, può nascere spontaneamente tra egoisti razionali quando questi hanno l’opportunità di apprendere dal comportamento precedente di un avversario e reagire di conseguenza. Il dilemma, in questo nuovo scenario, fa comprendere meglio il nascere dell’altruismo dall’evoluzione biologica. In realtà, a tale proposito mi vengono in mente “La favola delle api” (del 1705) dell’illuminista Bernard Mandeville e le teorie dell’altro illuminista, Adam Smith, sui sentimenti morali e sulla mano invisibile del libero mercato, che menziono solo per ragioni di spazio. In pratica le persone/enti coopererebbero anche in assenza di vantaggio individuale, ma la cooperazione pare a me restare assai fragile, soprattutto quando si tratta di fare rinunce individuali e il numero di giocatori è elevato come ce lo dimostrano ad esempio le difficoltà di attuare trattati di non proliferazione nucleare o convenzioni sui mutamenti climatici. Per la matematica, il mondo intero è un unico paese. Per la politica, no. Con la scienza non è sempre facile andare d’accordo, per questioni anche “morali”. Roy, il replicante del film “Blade Runner” (visionario/filosofico), vero protagonista e frutto della scienza, dice: “Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi”. Nel cartoon “Dumbo”, i corvi di contro cantano: “ Ne ho viste tante da raccontar, giammai gli elefanti volar”. Hobbes definiva l’uomo come un animale simbolico orientato al futuro. Il “realismo politico” impone però di considerare che il fattore umano (con le sue paure, passioni, ostilità, competitività – di cui la politica si nutre) e la fortuna, restano determinanti. Quindi meglio non farsi troppe illusioni sulla matematica prevedibilità del futuro.